Current Mood: Utsutsu shimasu
Listening to: Sacrifice - Gatchaman Crowds OST
Oh santo Nezumi, è passato un secolo dall'ultimo mio aggiornamento!
No, davvero. Mi sembra passato tantissimo tempo. Son successe tante cose in questi giorni, ma ho trovato tempo anche per tradurre - principalmente perché questo capitolo è carinissimo. Dovrei studiare per l'esame di ammissione ma, wow, devo ancora iniziare. E domani perderò tutta la giornata a Bologna, doppio wow. Potete immaginare la mia felicità. (。≖ˇ_ˇ≖。) Mi consolo con il fatto che dopodomani andrò all'Evangelion Night, yaaay! Then again, perderò tutta la giornata, ma dettagli.
Comunque, siccome sono sveglia delle sei e mezza di questa mattina e hO SONNO, salto le introduzioni e vi lascio al capitolo /che tanto è quello che vi interessa, no?/.
Bye, bye.
NO.6 BEYOND
Le
Giornate di Shion
Stava piovendo. Una pioggerellina—dell’umidità, quasi. Ma
la pioggia era comunque pioggia e aveva inzuppato le strade notturne e le
persone senza ombrello.
Prima di entrare in casa, Shion si passò una mano sui
capelli, lentamente. Goccioline di acqua scesero dalle ciocche candide. Era più
bagnato di quanto si fosse aspettato. La fresca aria notturna di inizio primavera
gli solleticava le caviglie. Se non si fosse riscaldato rapidamente,
probabilmente si sarebbe preso un raffreddore.
Shion lo sapeva, eppure continuava a stare in piedi di
fronte alla porta, incapace di muoversi. Aveva freddo. Il suo spirito era
pesante. Si sentiva restio a vedere la faccia di sua madre Karan.
La porta sul retro di casa sua era di legno. La vernice
si stava staccando in diversi punti e mostrava chiari segni di invecchiamento.
Svariate volte Shion aveva suggerito di rimpiazzarla con una nuova. Ma ogni
volta Karan aveva scosso la testa.
“Questa va più che bene. È solida e stabile. E poi, non
credi che abbia un gusto tutto unico? Secondo me è molto più bella di quelle
brutte porte di metallo lucente.”
Sua madre era preoccupata per il prezzo. Ma forse non le
interessava nemmeno che necessitasse di rinnovo; forse provava davvero
dell’attaccamento per quella porta logora. Shion l’aveva capito, quindi non
parlò più di sostituire la porta.
Aveva ragione in un certo senso. La spessa porta di
quercia emanava un’atmosfera che non si ritrovava nelle porte di acciaio, alla
moda e colorate in tinte accese. Anche il pomello rotondo di ottone era ancora
saldamente al suo posto.
Questa porta non era cambiata di una virgola da quando
Shion e Karan si erano trasferiti a Lost Town dalla loro residenza élite di
Chronos (in verità, erano stati espulsi e non avevano avuto altra scelta se non
quella di stabilirsi a Lost Town, ma stranamente, né Shion né Karan provavano
un particolare rimpianto per i loro giorni a Chronos). In realtà, l’intera casa
non era cambiata molto.
Era passato più di un anno dalla distruzione della
città-stato, No.6. La confusione persisteva e tutti brancolavano ancora nel
buio mentre si interrogavano su come potessero adattarsi al nuovo ambiente
senza mura i precedenti residenti di No.6 e i non residenti.
I termini “dentro” e “fuori” (le mura) avevano profonde
radici e ognuno guardava l’altro come uno straniero che parlava una lingua
diversa. I Residenti Interni si erano resi conto che erano stati abilmente e
rigidamente controllati e apprezzarono quella nuova libertà da una società di
sorveglianza. Ma al tempo stesso, insistevano nel non voler lasciar andare il
loro benessere—non volevano che le loro vite attuali subissero cambiamenti. I
Residenti Esterni criticavano aspramente i crimini di No.6, che si era
innalzata e aveva prosperato su fondamenta parassitarie. Si battevano per
un’equa distribuzione della ricchezza e per la compensazione degli abusi
sofferti.
Attualmente, con il Comitato di Ristrutturazione come suo
fulcro, No.6 (ovviamente, c’erano voci che
richiedevano un nuovo nome per la città, ma nessuno aveva tempo da sprecare per
scegliere un nome. C’era anche il problema delle relazioni tra città diverse;
per convenienza, No.6 era ancora chiamata No.6) cercava di ristabilire la pace
e l’ordine; di ricreare rapidamente corpi governativi, giudiziari e
legislativi; e di garantire la sicurezza.
Per il momento, utilizzavano le istituzioni di governo di
No.6. Avevano designato il West Block distretto speciale e monitorato da vicino
la creazione di sistemi di approvvigionamento essenziali alla vita. Avevano
costruito una forza di polizia temporanea in modo da poter sciogliere
l’esercito e mantenere un ambiente pacifico.
C’erano dodici membri nel Comitato di Ristrutturazione—ex-residenti
di No.6 ed ex-rappresentanti di ogni Blocco1. Al di sotto del
Comitato, esistevano dodici Sotto-Comitati, guidati ognuno da un membro del
Comitato principale. Shion era uno dei membri più giovani.
Durante quell’anno, era cambiata ogni cosa. Come un’onda
che si infrange, come le acque torrenziali di una rapida, come una valanga,
ogni cosa era stata inghiottita, risucchiata in una spirale, dilaniata e
ritorta. E la situazione sarebbe diventata solamente più aspra in futuro.
Shion sospirò e osservò di rimando la vecchia porta, il
pomello d’ottone battuto e la piccola finestra dalla quale si riversava una
luce fioca.
E poi, c’erano cose che non erano cambiate. Non importava
quale cammino avrebbe deciso di seguire l’umanità, c’erano cose che non
sarebbero mai cambiate, sia nel cuore delle persone che all’esterno di esso.
Shion, voglio che
tu resti come sei.
Il mormorio di Nezumi tornò in vita dentro di lui.
Combatti. Combatti
con tutto te stesso.
Non era un ordine o un comando. Era una supplica.
Nezumi aveva pregato Shion dicendo quelle parole. Shion, non cambiare.
Riuscirei ad essere
all’altezza dei sentimenti che Nezumi ha messo a nudo davanti a me?
Shion chiuse gli occhi. Visualizzò il mercato. Ora era diventato
una zona libera di commercio e offriva una varietà di opzione e un’abbondanza
di cibi freschi, impensabili in passato. Karan stessa andava spesso a fare
spese lì.
“È meno caro del venti, trenta percento rispetto alla
città. Potrebbero non essere i più invitanti, ma non troveresti prodotti con un
sapore così buono da nessun’altra parte.” Giusto il giorno prima, aveva
sorriso, mentre mostrava orgogliosa delle mele un po’ deformi e dei cetrioli
nodosi.
Ma la mamma non lo
sa—la Caccia ha avuto luogo in quel mercato. L’esercito di No.6 ha aperto il
fuoco senza scrupoli contro quelle persone—ha piantato delle pallottole nelle
loro fronti, nei loro toraci—senza battere ciglio.
L’aria era diventata densa dalla disperazione, dalla
paura e dalle urla angosciate delle persone; il terreno era intriso del fetore
del sangue a causa dei cadaveri abbandonati a destra e a manca. Un braccio
spuntava dai detriti ammassati; un carrarmato dell’esercito schiacciava una
gamba amputata mentre avanzava; gli stivali dei soldati calpestavano coloro che
erano ancora in vita e chiedevano aiuto. Era solo il primo volume dell’Inferno
al quale Shion avrebbe successivamente assistito.
La mamma non sa
nulla di tutto questo. E ne era sollevato. Quando aveva chiuso gli occhi,
era riuscito a rievocare le immagini di quel giorno, non meno vividamente di
quando le stava vivendo. Non si trattava solo del mercato. Non sarebbe mai
stato capace di dimenticare le facce delle persone ammassate nella stiva di
quel grosso fugone; gli occhi dell’uomo che aveva pregato Shion di togliergli
la vita; i corpi ammucchiati e l’odore della morte che persisteva contro la sua
pelle; le mura del Penitenziario, che crollavano tra le fiamme; il fumo nero
che si alzava da No.6. Non avrebbe mai dimenticato. Quelle immagini l’avevano
marchiato a fuoco per sempre, intenzionate a non scomparire.
E il fatto che il suo dito indice aveva premuto un
grilletto. Il fatto che aveva volontariamente, non per errore, ucciso un altro
uomo.
Shion aprì gli occhi e alzò lo sguardo al cielo.
Ovviamente, non riusciva a vedere né le stelle né la luna. Una goccia di
pioggia gli scivolò sulla guancia. Gli toccò le labbra mentre rotolava sulla
pelle.
Ah, sono vivo.
Improvvisamente, fu colpito dalla realizzazione che dentro di lui c’era ancora
vita. Riusciva a sentirla: proprio in quel momento, era sicuro di essere vivo. Quella
realtà travolgente rischiò di soffocarlo. Voleva urlare.
Sono vivo. Sono
vivo. Sono vivo. Sono vivo. Sono vivo.
Nezumi, sono vivo,
disse al cielo scuro, privo di luci. Sono
vivo e ti sto aspettando. Anche in quei
momenti infernali, ero affascinato dai tuoi occhi, dalle tue parole, dai tuoi
gesti, dai tuoi pensieri—mi hanno dato coraggio. Grazie a loro, sono stato in
grado di sopravvivere. E adesso, sono ancora vivo.
Riesci a sentirmi,
Nezumi? Sono vivo.
Un cane abbaiò rumorosamente. Veniva dall’interno della
casa.
Cosa? Un cane? Aspetta,
non è che—
La mente di Shion fu riportata dal passato al presente.
Il cuore gli batteva all’impazzata. Spinse la porta per aprirla. Fu accolto da un
abbaiare festoso. Erano latrati di gioia e affetto, non di aggressività o
apprensione. Un cane con il pelo a macchie si alzò e saltò addosso a Shion,
abbaiando. Agirò la coda violentemente e poggiò il muso contro le cosce di
Shion. I suoi occhi scuri straripavano di felicità, ancora più della sua voce.
“I cani cadono ai tuoi piedi come al solito, eh?”
“Inukashi! E Rikiga-san, anche te!”
Rikiga fece una smorfia esagerata dal divano. “Ehi,
Shion. È un po’ maleducato da parte tua accorgerti di me dopo il ragazzo-cane,
non credi? Il modo esatto in cui dovrebbe andare sarebbe di urlare ‘Oh,
Rikiga-san!’ e piombare su di me, come quel cane lì. E poi aggiungeresti ‘Oh,
Inukashi. Sei qui anche tu’, in aggiunta.”
“Hah!” Inukashi scoprì i denti e scoppiò a ridere. “Maleducato?
A chi importa? Io e te non abbiamo bisogno di essere trattati con le buone
maniere, vecchio. Esattamente come i miei cani non avrebbero bisogno di un
cappotto di pelliccia. A cosa servono le buone maniere? Di sicuro non mi
riempiono lo stomaco.”
“Chiudi quella bocca,” sbottò Rikiga. “Non mi mettere
sullo stesso piano di gente come te. Tu sei praticamente un mezzo animale. Io
sono un uomo vero e proprio e soprattutto un gentiluomo.”
“Gentiluomo? Whoa, non sapevo che ‘gentiluomo’ si
riferisse a tizi che non riescono a vivere senza soldi, donne e liquori. Uh,
beh, ho imparato qualcosa di nuovo. Da quando gli ideali sono cambiati in
questo modo? Dove finirà il mondo?” Inukashi emise un lungo e malinconico
sospiro.
Shion scoppiò a ridere. Era passato parecchio tempo
dall’ultima volta in cui aveva sentito Inukashi e Rikiga battibeccare in quel
modo. Rise fino a che gli fece male la pancia per la prima volta dopo
tantissimo tempo.
“Non siete cambiati per niente, voi due.”
“Si dà tante arie per essere un cagnaccio,” mugugnò
Rikiga. “Ha una lamentela pronta per ogni singola cosa che faccio.”
“E tu sei un sempliciotto, per essere un umano, vecchio.
Perdi le staffe e ti arrabbi per tutto quello che dico. I cani sono decisamente
più posati. In realtà, i cani sono comunque dieci volte meglio degli umani, sia
per quanto riguarda la testa che per il cuore. Inoltre, tu somigli di più ad
una scimmia che ad un umano, vecchio.”
“Sì, hai ragione,” disse Rikiga con rabbia. “Sono una
scimmia. Il solo vedere un cane mi fa arrabbiare a non finire.2 Ogni volta che ne vedo uno, vorrei farlo a pezzi con i denti. Roar!” Rikiga alzò le braccia e si
lanciò su Inukashi. Inukashi rise beffardamente mentre con agilità saltò via
dalla sua portata.
“Oh, siamo pieni di energia, vedo.” Karan entrò nella
stanza. Rikiga si bloccò. Si schiarì la gola di proposito e si sedette sulla
sedia. Si scosse leggermente della polvere immaginaria dal gilet del suo
completo a tre pezzi e le sorrise affabile.
“Ma per favore, non fate troppa confusione.” Karan cullò dolcemente
il bambino tra le braccia. Sembrava dormire profondamente.
“Shion!”
“Shh, Shion, non così ad alta voce. Si è appena
addormentato, finalmente—mh, che confusione però, vero?”
Shion respirava lentamente, avvolto in un vecchio
lenzuolo che era talmente sbiadito da rendere impossibile capire di che colore
fosse all’inizio. Le sue lunghe ciglia proiettavano ombre sul suo viso e le sue
labbra piene erano leggermente separate. Se la beatitudine avesse avuto una
forma fisica, allora quel viso addormentato lo era. Trasmetteva felicità a
chiunque lo vedeva.
“Sembra che sia cresciuto dall’ultima volta in cui l’ho
visto,” commentò Rikiga.
“Perché lo è,” disse Inukashi. “Ora è grande abbastanza
da correre in giro e giocare con i cani. Presto sarà in grado di spolpare la
carne dagli ossi.” Inukashi sorrise e posò un bacio leggero sulla fronte di
Shion.
“Sei molto bravo a crescere i bambini, Inukashi.” Karan
sorrise. “Ho visto molti bambini in vita mia, ma mi sembra che questa sia la
prima volta che vedo un bambino con un’espressione così felice mentre dorme.”
“Lo pensi davvero, mamma Karan?”
“Certamente. Si fida di te dal profondo del suo cuore e sono
sicura che tu ci sarai sempre per lui e riuscirai a non deludere la sua
fiducia. Voi due formate una famiglia davvero perfetta.”
Un leggero rossore si diffuse sulle guance abbronzate di
Inukashi.
“Quando il mio cane è tornato a casa portando Shion in
bocca, ero davvero scocciato, in realtà,” confessò. “Ho pensato di abbandonarlo
e basta, fingendo di non averlo nemmeno visto. I marmocchi sono solo un peso.
Ho odiato Shion in quel momento, per avermi lasciato un fardello del genere.”
“—Mi dispiace. Sapevo di essermi comportato da
irresponsabile, ma…Non ho avuto altra scelta se non quella di lasciarlo a te.
Sapevo di potertelo affidare.”
Gli scuri occhi di Inukashi si puntarono su Shion.
“Shion, significa che—”
“Mh?”
“Significa che hai avuto fiducia in me?”
“Sì.” Annuì. Non era una scusa o una bugia. Nella
confusione della Caccia, quando aveva preso il bambino da quella giovane madre,
l’unica persona nella mente di Shion era stata Inukashi. Anzi, Inukashi era
sempre stato l’unico a cui aveva pensato.
Inukashi si
inventerà qualcosa. Proteggerà questa debole vita con tutto quello che ha a
disposizione. Inukashi lo farà. Quello era stato ciò che aveva pensato.
Inukashi sogghignò. Alzò un dito e lo roteò in aria.
“Hai avuto fiducia in me e io non ti ho deluso. Stai
dicendo questo, giusto?”
“Sì. La penso così.” Anche
Nezumi probabilmente. Si fidava di te, quindi ha lasciato tutto nelle tue mani.
Shion ingoiò quelle parole non dette e chiuse la bocca. Non sapeva perché,
ma sentiva che non avrebbe dovuto dire il nome di Nezumi in quel momento.
“Ehi, aspetta un attimo, Shion. Non starai mica dicendo
che hai avuto fiducia in questo cagnaccio prima che in me, vero?”
“Ah, no—non è quello che…semplicemente, non ti associo ai
bambini, ecco tutto, Rikiga-san.”
“Ovviamente,” si intromise Inukashi. “Perché se lo avessi
lasciato ad una persona come questo vecchio, il piccolino sarebbe stato venduto
il giorno seguente. Bambini vivi valgono un bel gruzzoletto, lo sai.”
“Cosa? Stai dicendo che la gente mette i bambini in
vendita?” Tutto il colorito svanì dal viso di Karan. Rikiga scacciò via
frettolosamente le parole di Inukashi.
“N-No—no, no, Karan, non è vero. Io non lo farei mai. Era
solo uno scherzo di pessimo gusto. Questo qui fa sempre questo tipo di
battutacce. Puoi immaginarti che mal di testa che mi vengono. Non devi
prenderlo troppo seriamente.”
“…Hai ragione,” disse Karan, ancora incerta. “Non
venderesti né compreresti mai dei bambini. È semplicemente assurdo, no?”
“Assolutamente.” Rikiga gonfiò il petto. “Karan, c’è una
cosa che voglio che tu sappia: ho gestito molte attività nel vecchio West
Block. Tra di esse, ce n’erano alcune che—ah, non erano esattamente le più
oneste. Già. Per niente oneste. Ed è un fatto, questo.”
Inukashi curvò le spalle. “Non intendi ‘la maggior parte’?
Credo che la gestione di quel mensile per adulti fosse il più decente.”
“Taci!” sbottò Rikiga. “Perché non te ne vai fuori e
ciucci qualche osso di gallina? Karan, ascolta me,” la implorò. “Non ho mai
osato usare bambini o neonati. Non ho mai usato i più deboli per procurarmi il
pane quotidiano. È la verità. Per favore, credimi.”
“Ma certo che ti credo,” disse Karan. “Non riesco ad
immaginarti guardare dei giovani come bersagli per il tuo profitto personale.”
“Karan.” Rikiga arrossì e fece un passo più vicino a
Karan. “Grazie. Sento che la tua fiducia è tutto il supporto di cui ho
bisogno.”
“Oh, Rikiga.” Karan indietreggiò di mezzo passo prima di
sorridere serenamente. “Non ti ricordavo come qualcuno capace di poter recitare
una frase così teatrale. Eri solito parlare francamente e in modo diretto ed
eri sempre attento alle parole che usavi.”
Inukashi fischiò.
“Eh eh, mamma Karan non ha tutti i torti. ‘La tua fiducia
è tutto ciò di cui ho bisogno’ un cavolo. Non trovi una frase del genere
nemmeno nei romanzi più scadenti, di questi tempi.”
“Il tuo cervellino da randagio non ha mai nemmeno letto
un libro prima. Nessuno ti ha chiesto niente,” disse Rikiga aspramente.
“Il mio cervello è nettamente migliore del tuo. Almeno il
mio non è a mollo nell’alcol.”
“Cos’hai detto?” disse Rikiga minacciosamente.
“Cosa? Qualche problema?” ribatté Inukashi.
Si fissarono in cagnesco.
“Smettetela, voi due,” disse Karan, esasperata. “Shion,
non stare lì a ridere e basta.”
Karan si sporse verso l’ombra dietro il divano e posò
dolcemente Shion in una culla. La culla era semplice e spartana, costituita da
vimini intrecciate senza troppi ricami, ma la sua forma arrotondata la rendeva
bella nella sua semplicità. Sembrava molto vecchia, ma non mostrava segni di
usura.
Una placchetta dorata era fissata ad un lato.
Per Shion, il mio
adorato figlio.
Era stata incisa solamente quella breve frase.
“Mh? Mamma, questa è—”
La mano gentile di Karan fece dondolare la culla. “Sì. Usavo
questa quando eri un neonato. Probabilmente non te ne ricordi.”
O forse sì? pensò
Shion. Mi sembra di ricordare di aver
sentito una ninnananna dolce mentre venivo cullato avanti e indietro, avanti e
indietro…
“Non avrei mai immaginato che l’avrei mai più tirata
fuori e usata di nuovo. Sono contenta di aver faticato il doppio per portarla
qui quando abbiamo traslocato.”
Quando avevano traslocato da Chronos, il numero di mobili
e di stoviglie che avevano potuto portare con loro era stato limitato
all’estremo. La loro casa, i loro mobili, i servizi, l’abbondanza e la qualità
d’alto rango dell’ambiente in cui vivevano erano stati dati loro per il
semplice fatto che Shion era stato dichiarato un élite.
Una volta che quella certificazione era stata revocata,
erano stati obbligati a restituire ogni cosa che era stata data loro da No.6. Gli
effetti personali che Shion e Karan avevano portato a Lost Town erano
sorprendentemente pochi. C’era una culla lì in mezzo? No. Shion l’avrebbe
notata se ci fosse stata.
“L’ho trasportata in seguito, in segreto, e l’ho messa
via nell’attico,” disse Karan.
“Perché l’hai dovuto farlo in segreto?”
La mano di Karan si fermò.
“Perché questa…quest’oggetto è stato costruito da tuo
padre.”
Il respiro di Shion si bloccò in gola. Gli occludeva le
vie respiratorie. Mentre espirava, la voce gli uscì insieme ad esso.
“Cosa? Mio padre?”
“Sì. Tuo padre ha fatto questa culla per te.” Karan
increspò le labbra e distolse lo sguardo da Shion.
“Papà era…un artigiano?”
“No. Era un geologo—quello era il suo lavoro principale.
E penso che fosse anche particolarmente
bravo. Era stato scelto come membro del team per il progetto di rinascita,
dopotutto.”
Il team per il progetto di rinascita—era un gruppo di
individui scelti per rendere No.6 un paradiso terrestre, un’utopia. Il sindaco,
che desiderava diventare il sovrano assoluto di No.6, era un membro; Rou, lo
scienziato che aveva pianificato di controllare la Dea della Foresta Elyurias,
era un membro.
Ma le loro aspirazioni e il loro avvenire si erano
trasformati ed erano andati alla deriva: Rou era diventato un uomo del
sottosuolo; No.6 era diventata una città mostruosa e si era incamminata verso
la distruzione.
E il padre di Shion era stato uno di quei membri. Shion
era sbalordito. Era l’unica cosa che poteva dire, che era sbalordito.
“Ma mamma, hai detto…mi hai sempre detto che mio padre
era dissoluto per quanto riguardava i soldi e le donne, che era un caso senza speranza,
ad un passo dall’essere un alcolizzato. Ma poi mi vieni a dire che era gentile
e sincero.”
“Certo.
Perché è la verità.” Karan si imbronciò ancora di più. Assomigliava ad
una bimba arrabbiata. “Sprecava tutti i soldi che avevamo e beveva tutto il
giorno. Appena trovava una ragazza che gli piaceva, iniziava a frequentarla
senza nemmeno pensare alle conseguenze…anche dopo esserci sposati, aveva amanti
su amanti…”
“Avere un amante pur essendo sposati con te, Karan—non riesco a crederci. È
imperdonabile.” Rikiga strinse i pugni, le sopracciglia corrugate dalla rabbia.
“Puoi dirlo forte,” commentò Inukashi. “Era corrotto
quasi quanto te, vecchio.”
“Ehi, bastardo. Cosa ci sarebbe di così corrotto in me?
Sono single, quindi posso giocar—ehm, spassarmela con le donne. Ma se mi
sposassi—” Rikiga lanciò uno sguardo furtivo a Karan e prese fiato.
“L’amerei per tutto il resto della mia vita. Non guarderei nemmeno le altre donne. E
smetterei di bere. Non per vantarmi, ma credo che sarei un buon padre di
famiglia. Già.”
“Che
cavolate,” sbottò Inukashi. “Tu, un marito decente? Ci sono più
probabilità che il mio cane diventi uno chef d’alta classe. Ma mamma Karan, non
riesco ad immaginare che un tale zoticone possa essere il padre di Shion. Le
loro personalità sono troppo differenti.”
“Potrebbe essere. Ma era sorprendentemente bravo con le
mani e penso che Shion abbia ereditato questa suacaratteristica. In realtà,
questa—” Karan spostò piano il lenzuolo di Shion. Stava indossando un vestitino
bianco con il colletto. Il colletto e la tasca davanti erano ricamati sugli
orli con una linea blu. Un blu
brillante.
“L’ha
cucito a mano. La stessa cosa per i vestiti da neonato e il bavaglino.
Li ha finiti il giorno prima di andarsene, lasciandoli sul tavolo con una
lettera in cui diceva che voleva che Shion li indossasse il giorno del suo
primo compleanno. Così, quando hai compiuto gli anni, Shion, te li ho messi.
Erano un po’ larghi allora. Ma credo che siano perfetti per questo Shion.”
Questa era davvero la prima volta che Shion sentiva delle
cose così dettagliate su suo padre da Karan. Shion non aveva mai chiesto nulla
perché sua madre non sembrava avesse voglia di parlarne. Aveva vissuto la sua
vita senza padre, accettando semplicemente il fatto che era così che doveva
essere.
Suo padre era dissoluto e andava a donne, amava bere, era
uno specialista di geologia, un membro del team per il progetto di rinascita,
aveva del talento con le mani e aveva lasciato la sua famiglia poco dopo la
nascita di Shion.
Shion lanciò uno sguardo alla culla. Vide il bambino, che
aveva il suo stesso nome, dormire al suo interno. Toccò la camicetta ricamata.
Era quello che suo padre aveva lasciato loro.
Shion lanciò un’occhiata di nascosto al profilo di Karan.
Quindi i rapporti di Karan con i membri principali di
No.6 non erano nati attraverso Rou. E suo padre, come membro, collega e
possessore degli stessi ideali, aveva passato la sua gioventù al fianco del
sindaco e di quegli scienziati.
“E il papà di Shion se n’è andato di casa perché…beh, per
via di quel problema con le donne?” Inukashi si sporse in avanti.
“Ehi, non ficcare il naso negli affari personali degli
altri,” disse Rikiga. “Non hai nemmeno un po’ di tatto in quel corpicino che ti
ritrovi?”
“Hah, non parlarmi di tatto. Anche tu muori dalla voglia
di sapere, vecchio. Stai provando a fare bella figura in un modo quasi
disgustoso. Heh, mi viene da ridere.” I denti di Inukashi sbatterono
rumorosamente insieme.
Quel commento aveva probabilmente fatto centro, perché
Rikiga era arrossito fino alla punta delle orecchie e si zittì. Karan non
sembrava né offesa né colta alla sprovvista dalla schiettezza di Inukashi.
Continuò con calma.
“Forse avete ragione. Potrebbe essere stata un
motivazione indiretta. Io ero giovane e volevo che la smettesse di rendersi
ridicolo. Ma da quando scoprì che ero incinta di Shion, cambiò, almeno un po’.
Tutte le sue attenzioni erano rivolte al figlio non ancora nato e aveva smesso
addirittura di bere e di divertirsi con altre donne, anche se solo per poco
tempo…iniziò a bere di nuovo non molto dopo. Ma sentivo che se fosse andata
avanti così, forse ce l’avrebbe fatta
a diventare un buon padre di famiglia. Nel profondo, ne ero fiera. Ecco perché
so che non ha lasciato la famiglia per una donna…aveva un’altra ragione…”
“Perché No.6 stava cambiando.”
Karan sbatté le palpebre più volte alla frase lapidaria
di Shion.
“Te ne sei accorto?”
“Ne avevo una vaga idea.”
Mentre No.6 prendeva le sembianze di una città-stato—uno
stato totalitario, autoritario—molti membri si ritirarono dal progetto di
rinascita durante il suo svolgimento. Alcuni erano stati rimossi
intenzionalmente, mentre altri se ne erano andati di loro iniziativa.
Ipoteticamente parlando, forse alcuni erano stati ritenuti degli ostacoli e
assassinati in segreto. Era più che una mera possibilità.
“Era sconvolto dal fatto che No.6 stesse gradualmente—no,
in verità, piuttosto rapidamente—cambiando mentre sviluppava nuove strutture
cittadine. Era preoccupato, ma non aveva idea di cosa avrebbe potuto fare a
riguardo. Forse era spaventato. Mi ricordo di averlo sentito ripetere tra sé e
sé, ‘Non è possibile. Non può accadere davvero.’ Poi, un giorno…non dovevano
essere passati che pochi mesi dalla nascita di Shion…mi disse, ‘Lasciamo No.6.
Possiamo ancora scappare adesso. Presto non potremo più lasciare incolumi
questa città.’ Il suo volto era grave mentre lo diceva. Doveva aver perso ogni
speranza in No.6 a quel tempo. Probabilmente pensava, ‘Non posso più vivere
qui. Un giorno soffocherò e finirò per togliermi la vita, o verrò ucciso.’ Per
questo aveva cercato di convincermi a scappare da qualche parte lontano da No.6
e a iniziare una nuova vita in un paese sconosciuto, noi tre insieme.”
“Ma tu hai rifiutato, mamma.”
“Sì.” A Karan sfuggì un lungo sospiro. “Ho rifiutato. Gli
dissi chiaramente che non sarei andata con lui. Semplicemente, non riuscivo a
credere a quello che mi stava dicendo.”
Karan distolse gli occhi e guardò in basso come se lo
sguardo di Shion fosse troppo accecante per poterlo affrontare direttamente.
“Quando gli chiesi dove saremmo potuti andare una volta
lasciata No.6, disse che non lo sapeva. Poi scoppiò in una risata gioiosa
e…disse che non sarebbe stato male vagare liberi come il vento. Ma io avevo un
figlio che non aveva nemmeno un mese. Escludendo le sei città-stato, sapevo che
rimanevano solo lande deserte e pochissimi campi su questo pianeta. Non
riuscivo a reggere il pensiero di obbligare un neonato ad affrontare un viaggio
così arduo. Immaginai che finché sarei restata dentro No.6, non avremmo dovuto
soffrire la fame né le malattie. Non riuscii a convincermi che lui avrebbe
potuto proteggerci meglio di No.6. Non sono riuscita a fidarmi di lui.”
Un altro sospiro scappò dalle labbra di Karan.
“Non so se ho preso la decisione giusta quel giorno.
Certamente non mi pento di non essere andata con lui. Ma il punto è che ero già
diventata dipendente da No.6. Stavo cercando di vivere una vita di subordinazione.
Ho vissuto anni e anni senza nemmeno rendermene conto… Ero completamente
all’oscuro della puzza nauseabonda di No.6, quando lui era stato uno dei primi
ad essersene accorto. E questa—è una cosa davvero deplorevole.”
“E non hai idea di dove sia papà adesso?”
“No, non
lo so. Non so nemmeno se è vivo o morto. Ma conoscendolo, sento che sta
vivendo liberamente, facendo qualunque cosa gli aggrada.”
La voce di Karan si abbassò lievemente.
“Shion, vorresti incontrare tuo padre?”
“Beh…Ho conosciuto soltanto te, mamma, quindi non sento
alcun tipo di nostalgia per lui. Non mi manca. Ma sono curioso.”
“Curioso?”
“Curioso del perché hai deciso di parlarmi di lui così
all’improvviso. Non hai mai parlato di lui prima d’ora.”
Le labbra di Karan si mossero, ma non ne uscì parola.
Seguì un breve istante di silenzio. Rimase tutto talmente immobile e calmo che
si riusciva a sentire il respiro addormentato di Shion, nitido e chiaro.
“K-Karan—”
Rikiga si alzò bruscamente.
“Ah, um—quindi, f-fai ancora fatica a dimenticarlo, ah,
il tuo ex-marito? Cioè, um, stai…aspettando il suo ritorno, o…è c-così che ti
senti adesso? O sei, ah, libera da quel tipo di…ehm, sentimenti? Tipo se, um,
dovesse succedere qualcosa che potrebbe portare a…”
“Che diavolo di linguaggio stai parlando, vecchio?” si
intromise Inukashi. “Credo proprio che un cucciolo appena nato parlerebbe più
chiaramente di te. Giusto?” Il cane dal pelo maculato che se ne stava sdraiato
ai piedi di Inukashi aprì un occhio. Poi fece uno sbadiglio enorme. Karan sorrise.
“Non lo
sto aspettando, Rikiga,” disse. “Per me, lui è ormai un uomo del
passato. Ovviamente spero che sia ancora
vivo, là fuori, ma—”
Una felicità inequivocabile attraversò il volto di
Rikiga.
“Non potresti essere più ovvio di così,” borbottò
Inukashi.
“È assolutamente la scelta giusta,” disse Rikiga con
entusiasmo. “Non possiamo
rimanere nel passato per sempre. Se dobbiamo pensare a qualcosa,
dovrebbe essere il futuro. Domani è decisamente molto più importante di ieri.”
“Concordo.”
“V-Vero?
La pensi così anche te, vero? Quindi…ah, Karan, non sei d’accordo anche
tu sul fatto che, um…qualcuno con cui vivrai in futuro è, ah, molto più importante
di qualcuno con cui hai vissuto in passato?”
“Certo, mi sembra ovvio. È per questo che ti ho invitato
qui stasera. Volevo cenare con
te.”
Un’esclamazione a metà tra un “oh” ed un “ah” scappò
dalla labbra di Rikiga.
“K-Karan, dici sul serio? H—Hai pensato a me e questo
perché—”
Inukashi tirò la giacca di Rikiga.
“Vecchio, vecchio. Non vorrei infrangere i tuoi sogni, ma
sono stato invitato anch’io. Non
sei l’unico. Non dimenticartene.”
Rikiga lo guardò in malo modo e fece un gesto con la mano
come per scacciare via una mosca.
“Sciò!
Sciò! Vattene via e portati dietro anche quel randagio puzzolente.
Probabilmente ti sei auto-invitato per approfittare della cucina di Karan.”
“Ma è un dato
di fatto che abbia ricevuto un vero e proprio invito. Giusto, mamma Karan?”
“Sì,
certo. Sia Inukashi che te, Rikiga, siete compagni importanti per Shion.
Ed entrambi siete miei buoni amici. Ecco perché ho voluto farvi venire qui. Non
ho molto da offrire, ma ho parecchio pane appena sfornato. E anche della
marmellata fatta in casa e dello stufato che ha sobbollito per bene. Solo un
minuto, ora preparo la tavola. Shion, potresti aiutarmi?”
“Certamente.”
Karan aprì la porta della cucina e sparì al suo interno.
L’aroma di pane e di spezzatino si diffuse per la stanza. I due odori ben distinti
facevano venire l’acquolina in bocca. Inukashi arricciò il naso, affamato.
“Do una
mano anch’io! Farsi offrire un pasto gratis va contro la mia morale.” ridacchiò.
“Hai sentito? Pane
appena sfornato e stufato. Solo a pensarci mi viene l’acquolina, ma annusare
questo profumino e…oh, è la cosa migliore. Lo stomaco mi brontola tantissimo. Non sei affamato, vecc—mh? Vecchio,
cosa c’è? I tuoi occhi non mettono bene a fuoco. A che diavolo stai
pensando?”
“…Compagni…Amici…”
“Uh?”
“Karan ha detto che sono un compagno. Un amico. Per
Karan, sono sempre stato solamente un membro di una squadra, solo uno dei suoi
amici…”
Shion e Inukashi si guardarono. Inukashi piegò la testa.
“Mmh. Beh, ‘siamo buoni amici’ è una frase di rifiuto
piuttosto classica. I cani sarebbero più diretti e ti direbbero che odiano il
tuo pelo o che i tuoi denti fanno schifo, ma agli umani piace prendere vie
traverse. Hah, ma davvero, vecchio, stavi pensando di dichiararti a mamma
Karan?”
“…Ero serio,” disse Rikiga, depresso. “Il lavoro sta
andando a gonfie vele e ho sufficienti soldi da parte. Ero fiducioso che avrei
reso Karan felice.”
A seguito della distruzione di No.6, le merci avevano
iniziato a fluire oltre le mura. Rikiga aveva approfittato del chaos e le aveva
comprate a prezzi stracciati.
Aveva accumulato opere d’arte e manufatti, oggetti di
elettronica, dipinti, gioielli, mobili, macchinari medici, automobili, vestiti,
materiali da ufficio, persino giocattoli; quando la situazione aveva cominciato
a sistemarsi, li aveva rivenduti a prezzi molto più alti e ci aveva guadagnato
una bella somma. Ora era il direttore e il manager di una compagnia di
pubblicazione e di stampe, rilasciando un giornale settimanale di informazione
e un quotidiano.
“Beh, tu sei
una stella nascente nel settore imprenditoriale, Rikiga-san. In giro si dice
che detieni molto potere nelle tue mani.”
“Lo
pensi veramente, Shion?”
“Certo. Tu
e Inukashi non avete bisogno di complimenti ipocriti da parte mia, no?” Shion
si tolte il giaccone e si arrotolò le maniche.
“Te lo continuo a dire di non considerarmi alla stessa
stregua del ragazzo-cane,” disse Rikiga stancamente. “Ma è abbastanza. Quindi, Shion, mi dai il
permesso, allora? Credi che sia adatto a sposare Karan?”
“Eh? Oh, n—non intendevo…beh, uh, non credo che mia madre
abbia intenzione di risposarsi. Mi stava dicendo giusto l’altro giorno di
quanto sia soddisfatta della sua vita ora come ora e di come le piacerebbe
continuare a lavorare in negozio per molto altro tempo.”
Ed era vero: la vita di Karan non era cambiata molto, almeno
all’esterno. Gestiva il piccolo panificio nascosto in una viuzza di Lost Town,
parlava con i clienti abituali e lavorava l’impasto per le pagnotte durante le
prime ore del mattino.
Era la sua routine quotidiana e la ripeteva ogni giorno.
Anche durante il periodo più turbolento, Karan aveva continuato ad accendere il
forno, cuocere il pane e disporlo nella vetrina del suo negozio. La gente
piangeva tra un boccone di un panino e uno di un muffin.
“Il mondo ci sta crollando sotto i piedi, ma questi hanno
sempre lo stesso sapore. Ci sono ancora cose a questo mondo che non cambiano.”
Quelle erano le parole di un anziano, un cliente
abituale. Aveva mormorato quella parole ancora e ancora, con le guance bagnate
dalle lacrime. Shion aveva udito mormorii simili molte altre volte.
Esiste qualcosa qui
che non cambierà mai—per le persone, questa certezza significava speranza e
una ragione per cui continuare a vivere.
“Tua madre è una donna incredibile,” aveva detto una volta Nezumi,
con un’insolita nota di stupore nella sua voce.
Era accaduto il giorno in cui si era svegliato.
Il giorno in cui ogni cosa era finita—no, iniziata—Shion
aveva trascinato il suo corpo esausto e martoriato a casa sua, da Karan. Dopo un
alquanto breve abbraccio per essersi finalmente riuniti, era collassato sul
letto accanto a Nezumi e aveva dormito come un sasso. Il suo sonno era stato talmente
pesante da troncare tutti e cinque i sensi e, quando si era risvegliato, era
già mezzogiorno del giorno seguente. Era quel momento della giornata in cui il
sole brilla dritto dall’alto, emettendo un leggero bagliore biancastro.
Non c’era traccia di Nezumi al suo fianco. C’era una
coperta ripiegata perfettamente e piazzata ai piedi del letto. Shion posò un
pugno sulla coperta piegata. Un verso strozzato gli sfuggì, inconsciamente.
Nezumi, te ne sei andato? Proprio come hai fatto quattro anni fa?
Nezumi, te ne sei andato? Proprio come hai fatto quattro anni fa?
Nezumi e Shion al mercato nel West Block - Official Art by toi8 |
(1) Blocco: Esistono quattro Blocchi, ovviamente, ognuno per i quattro punti cardinali. Il West Block è uno di questi.
(2) Scimmia e cane: Nel folklore giapponese, scimmie e cani non vanno per nulla d’accordo. Per maggiori informazioni, non lo so, consultate Wikipedia o compratevi un libro di tradizioni del Giappone, lol.
Grazie per averlo tradotto!
RispondiEliminaCorro a leggere il seguito!
Ciao, innanzitutto grazie per i commenti gentilissimi, sono contenta che tu abbia apprezzato le traduzioni e ancor più No.6! Purtroppo hai ragione tu, l'anime rende proprio poco in confronto alla novel, però almeno grazie alla popolarità dell'anime, abbiamo avuto la possibilità di poterla leggere!
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