lunedì 2 settembre 2013

[Novel Ita] No.6 Beyond - Shion's Days (parte prima)







Current Mood: Utsutsu shimasu
Listening to: Sacrifice - Gatchaman Crowds OST



Oh santo Nezumi, è passato un secolo dall'ultimo mio aggiornamento!
No, davvero. Mi sembra passato tantissimo tempo. Son successe tante cose in questi giorni, ma ho trovato tempo anche per tradurre - principalmente perché questo capitolo è carinissimo. Dovrei studiare per l'esame di ammissione ma, wow, devo ancora iniziare. E domani perderò tutta la giornata a Bologna, doppio wow. Potete immaginare la mia felicità. (。≖ˇ_ˇ≖。) Mi consolo con il fatto che dopodomani andrò all'Evangelion Night, yaaay! Then again, perderò tutta la giornata, ma dettagli.
Comunque, siccome sono sveglia delle sei e mezza di questa mattina e hO SONNO, salto le introduzioni e vi lascio al capitolo /che tanto è quello che vi interessa, no?/.
Bye, bye.


Capitolo 2 - parte 1; parte 2


NO.6 BEYOND

Le Giornate di Shion

Stava piovendo. Una pioggerellina—dell’umidità, quasi. Ma la pioggia era comunque pioggia e aveva inzuppato le strade notturne e le persone senza ombrello.
Prima di entrare in casa, Shion si passò una mano sui capelli, lentamente. Goccioline di acqua scesero dalle ciocche candide. Era più bagnato di quanto si fosse aspettato. La fresca aria notturna di inizio primavera gli solleticava le caviglie. Se non si fosse riscaldato rapidamente, probabilmente si sarebbe preso un raffreddore.
Shion lo sapeva, eppure continuava a stare in piedi di fronte alla porta, incapace di muoversi. Aveva freddo. Il suo spirito era pesante. Si sentiva restio a vedere la faccia di sua madre Karan.
La porta sul retro di casa sua era di legno. La vernice si stava staccando in diversi punti e mostrava chiari segni di invecchiamento. Svariate volte Shion aveva suggerito di rimpiazzarla con una nuova. Ma ogni volta Karan aveva scosso la testa.
“Questa va più che bene. È solida e stabile. E poi, non credi che abbia un gusto tutto unico? Secondo me è molto più bella di quelle brutte porte di metallo lucente.”
Sua madre era preoccupata per il prezzo. Ma forse non le interessava nemmeno che necessitasse di rinnovo; forse provava davvero dell’attaccamento per quella porta logora. Shion l’aveva capito, quindi non parlò più di sostituire la porta.
Aveva ragione in un certo senso. La spessa porta di quercia emanava un’atmosfera che non si ritrovava nelle porte di acciaio, alla moda e colorate in tinte accese. Anche il pomello rotondo di ottone era ancora saldamente al suo posto.
Questa porta non era cambiata di una virgola da quando Shion e Karan si erano trasferiti a Lost Town dalla loro residenza élite di Chronos (in verità, erano stati espulsi e non avevano avuto altra scelta se non quella di stabilirsi a Lost Town, ma stranamente, né Shion né Karan provavano un particolare rimpianto per i loro giorni a Chronos). In realtà, l’intera casa non era cambiata molto.
Era passato più di un anno dalla distruzione della città-stato, No.6. La confusione persisteva e tutti brancolavano ancora nel buio mentre si interrogavano su come potessero adattarsi al nuovo ambiente senza mura i precedenti residenti di No.6 e i non residenti.
I termini “dentro” e “fuori” (le mura) avevano profonde radici e ognuno guardava l’altro come uno straniero che parlava una lingua diversa. I Residenti Interni si erano resi conto che erano stati abilmente e rigidamente controllati e apprezzarono quella nuova libertà da una società di sorveglianza. Ma al tempo stesso, insistevano nel non voler lasciar andare il loro benessere—non volevano che le loro vite attuali subissero cambiamenti. I Residenti Esterni criticavano aspramente i crimini di No.6, che si era innalzata e aveva prosperato su fondamenta parassitarie. Si battevano per un’equa distribuzione della ricchezza e per la compensazione degli abusi sofferti.
Attualmente, con il Comitato di Ristrutturazione come suo fulcro, No.6  (ovviamente, c’erano voci che richiedevano un nuovo nome per la città, ma nessuno aveva tempo da sprecare per scegliere un nome. C’era anche il problema delle relazioni tra città diverse; per convenienza, No.6 era ancora chiamata No.6) cercava di ristabilire la pace e l’ordine; di ricreare rapidamente corpi governativi, giudiziari e legislativi; e di garantire la sicurezza.
Per il momento, utilizzavano le istituzioni di governo di No.6. Avevano designato il West Block distretto speciale e monitorato da vicino la creazione di sistemi di approvvigionamento essenziali alla vita. Avevano costruito una forza di polizia temporanea in modo da poter sciogliere l’esercito e mantenere un ambiente pacifico.
C’erano dodici membri nel Comitato di Ristrutturazione—ex-residenti di No.6 ed ex-rappresentanti di ogni Blocco1. Al di sotto del Comitato, esistevano dodici Sotto-Comitati, guidati ognuno da un membro del Comitato principale. Shion era uno dei membri più giovani.
Durante quell’anno, era cambiata ogni cosa. Come un’onda che si infrange, come le acque torrenziali di una rapida, come una valanga, ogni cosa era stata inghiottita, risucchiata in una spirale, dilaniata e ritorta. E la situazione sarebbe diventata solamente più aspra in futuro.
Shion sospirò e osservò di rimando la vecchia porta, il pomello d’ottone battuto e la piccola finestra dalla quale si riversava una luce fioca.
E poi, c’erano cose che non erano cambiate. Non importava quale cammino avrebbe deciso di seguire l’umanità, c’erano cose che non sarebbero mai cambiate, sia nel cuore delle persone che all’esterno di esso.
Shion, voglio che tu resti come sei.
Il mormorio di Nezumi tornò in vita dentro di lui.
Combatti. Combatti con tutto te stesso.
Non era un ordine o un comando. Era una supplica.
Nezumi aveva pregato Shion dicendo quelle parole. Shion, non cambiare.
Riuscirei ad essere all’altezza dei sentimenti che Nezumi ha messo a nudo davanti a me?
Shion chiuse gli occhi. Visualizzò il mercato. Ora era diventato una zona libera di commercio e offriva una varietà di opzione e un’abbondanza di cibi freschi, impensabili in passato. Karan stessa andava spesso a fare spese lì.
“È meno caro del venti, trenta percento rispetto alla città. Potrebbero non essere i più invitanti, ma non troveresti prodotti con un sapore così buono da nessun’altra parte.” Giusto il giorno prima, aveva sorriso, mentre mostrava orgogliosa delle mele un po’ deformi e dei cetrioli nodosi.
Ma la mamma non lo sa—la Caccia ha avuto luogo in quel mercato. L’esercito di No.6 ha aperto il fuoco senza scrupoli contro quelle persone—ha piantato delle pallottole nelle loro fronti, nei loro toraci—senza battere ciglio. 
L’aria era diventata densa dalla disperazione, dalla paura e dalle urla angosciate delle persone; il terreno era intriso del fetore del sangue a causa dei cadaveri abbandonati a destra e a manca. Un braccio spuntava dai detriti ammassati; un carrarmato dell’esercito schiacciava una gamba amputata mentre avanzava; gli stivali dei soldati calpestavano coloro che erano ancora in vita e chiedevano aiuto. Era solo il primo volume dell’Inferno al quale Shion avrebbe successivamente assistito.
La mamma non sa nulla di tutto questo. E ne era sollevato. Quando aveva chiuso gli occhi, era riuscito a rievocare le immagini di quel giorno, non meno vividamente di quando le stava vivendo. Non si trattava solo del mercato. Non sarebbe mai stato capace di dimenticare le facce delle persone ammassate nella stiva di quel grosso fugone; gli occhi dell’uomo che aveva pregato Shion di togliergli la vita; i corpi ammucchiati e l’odore della morte che persisteva contro la sua pelle; le mura del Penitenziario, che crollavano tra le fiamme; il fumo nero che si alzava da No.6. Non avrebbe mai dimenticato. Quelle immagini l’avevano marchiato a fuoco per sempre, intenzionate a non scomparire.
E il fatto che il suo dito indice aveva premuto un grilletto. Il fatto che aveva volontariamente, non per errore, ucciso un altro uomo.
Shion aprì gli occhi e alzò lo sguardo al cielo. Ovviamente, non riusciva a vedere né le stelle né la luna. Una goccia di pioggia gli scivolò sulla guancia. Gli toccò le labbra mentre rotolava sulla pelle.
Ah, sono vivo. Improvvisamente, fu colpito dalla realizzazione che dentro di lui c’era ancora vita. Riusciva a sentirla: proprio in quel momento, era sicuro di essere vivo. Quella realtà travolgente rischiò di soffocarlo. Voleva urlare.
Sono vivo. Sono vivo. Sono vivo. Sono vivo. Sono vivo.
Nezumi, sono vivo, disse al cielo scuro, privo di luci. Sono vivo e ti sto aspettando.  Anche in quei momenti infernali, ero affascinato dai tuoi occhi, dalle tue parole, dai tuoi gesti, dai tuoi pensieri—mi hanno dato coraggio. Grazie a loro, sono stato in grado di sopravvivere. E adesso, sono ancora vivo.
Riesci a sentirmi, Nezumi? Sono vivo.
Un cane abbaiò rumorosamente. Veniva dall’interno della casa.
Cosa? Un cane? Aspetta, non è che—
La mente di Shion fu riportata dal passato al presente. Il cuore gli batteva all’impazzata. Spinse la porta per aprirla. Fu accolto da un abbaiare festoso. Erano latrati di gioia e affetto, non di aggressività o apprensione. Un cane con il pelo a macchie si alzò e saltò addosso a Shion, abbaiando. Agirò la coda violentemente e poggiò il muso contro le cosce di Shion. I suoi occhi scuri straripavano di felicità, ancora più della sua voce.
“I cani cadono ai tuoi piedi come al solito, eh?”
“Inukashi! E Rikiga-san, anche te!”
Rikiga fece una smorfia esagerata dal divano. “Ehi, Shion. È un po’ maleducato da parte tua accorgerti di me dopo il ragazzo-cane, non credi? Il modo esatto in cui dovrebbe andare sarebbe di urlare ‘Oh, Rikiga-san!’ e piombare su di me, come quel cane lì. E poi aggiungeresti ‘Oh, Inukashi. Sei qui anche tu’, in aggiunta.”
“Hah!” Inukashi scoprì i denti e scoppiò a ridere. “Maleducato? A chi importa? Io e te non abbiamo bisogno di essere trattati con le buone maniere, vecchio. Esattamente come i miei cani non avrebbero bisogno di un cappotto di pelliccia. A cosa servono le buone maniere? Di sicuro non mi riempiono lo stomaco.”
“Chiudi quella bocca,” sbottò Rikiga. “Non mi mettere sullo stesso piano di gente come te. Tu sei praticamente un mezzo animale. Io sono un uomo vero e proprio e soprattutto un gentiluomo.”
“Gentiluomo? Whoa, non sapevo che ‘gentiluomo’ si riferisse a tizi che non riescono a vivere senza soldi, donne e liquori. Uh, beh, ho imparato qualcosa di nuovo. Da quando gli ideali sono cambiati in questo modo? Dove finirà il mondo?” Inukashi emise un lungo e malinconico sospiro.
Shion scoppiò a ridere. Era passato parecchio tempo dall’ultima volta in cui aveva sentito Inukashi e Rikiga battibeccare in quel modo. Rise fino a che gli fece male la pancia per la prima volta dopo tantissimo tempo.
“Non siete cambiati per niente, voi due.”
“Si dà tante arie per essere un cagnaccio,” mugugnò Rikiga. “Ha una lamentela pronta per ogni singola cosa che faccio.”
“E tu sei un sempliciotto, per essere un umano, vecchio. Perdi le staffe e ti arrabbi per tutto quello che dico. I cani sono decisamente più posati. In realtà, i cani sono comunque dieci volte meglio degli umani, sia per quanto riguarda la testa che per il cuore. Inoltre, tu somigli di più ad una scimmia che ad un umano, vecchio.”
“Sì, hai ragione,” disse Rikiga con rabbia. “Sono una scimmia. Il solo vedere un cane mi fa arrabbiare a non finire.Ogni volta che ne vedo uno, vorrei farlo a pezzi con i denti. Roar!” Rikiga alzò le braccia e si lanciò su Inukashi. Inukashi rise beffardamente mentre con agilità saltò via dalla sua portata.
“Oh, siamo pieni di energia, vedo.” Karan entrò nella stanza. Rikiga si bloccò. Si schiarì la gola di proposito e si sedette sulla sedia. Si scosse leggermente della polvere immaginaria dal gilet del suo completo a tre pezzi e le sorrise affabile.
“Ma per favore, non fate troppa confusione.” Karan cullò dolcemente il bambino tra le braccia. Sembrava dormire profondamente.
“Shion!”
“Shh, Shion, non così ad alta voce. Si è appena addormentato, finalmente—mh, che confusione però, vero?”
Shion respirava lentamente, avvolto in un vecchio lenzuolo che era talmente sbiadito da rendere impossibile capire di che colore fosse all’inizio. Le sue lunghe ciglia proiettavano ombre sul suo viso e le sue labbra piene erano leggermente separate. Se la beatitudine avesse avuto una forma fisica, allora quel viso addormentato lo era. Trasmetteva felicità a chiunque lo vedeva.
“Sembra che sia cresciuto dall’ultima volta in cui l’ho visto,” commentò Rikiga.
“Perché lo è,” disse Inukashi. “Ora è grande abbastanza da correre in giro e giocare con i cani. Presto sarà in grado di spolpare la carne dagli ossi.” Inukashi sorrise e posò un bacio leggero sulla fronte di Shion.
“Sei molto bravo a crescere i bambini, Inukashi.” Karan sorrise. “Ho visto molti bambini in vita mia, ma mi sembra che questa sia la prima volta che vedo un bambino con un’espressione così felice mentre dorme.”
“Lo pensi davvero, mamma Karan?”
“Certamente. Si fida di te dal profondo del suo cuore e sono sicura che tu ci sarai sempre per lui e riuscirai a non deludere la sua fiducia. Voi due formate una famiglia davvero perfetta.”
Un leggero rossore si diffuse sulle guance abbronzate di Inukashi.
“Quando il mio cane è tornato a casa portando Shion in bocca, ero davvero scocciato, in realtà,” confessò. “Ho pensato di abbandonarlo e basta, fingendo di non averlo nemmeno visto. I marmocchi sono solo un peso. Ho odiato Shion in quel momento, per avermi lasciato un fardello del genere.”
“—Mi dispiace. Sapevo di essermi comportato da irresponsabile, ma…Non ho avuto altra scelta se non quella di lasciarlo a te. Sapevo di potertelo affidare.”
Gli scuri occhi di Inukashi si puntarono su Shion.
“Shion, significa che—”
“Mh?”
“Significa che hai avuto fiducia in me?”
“Sì.” Annuì. Non era una scusa o una bugia. Nella confusione della Caccia, quando aveva preso il bambino da quella giovane madre, l’unica persona nella mente di Shion era stata Inukashi. Anzi, Inukashi era sempre stato l’unico a cui aveva pensato.
Inukashi si inventerà qualcosa. Proteggerà questa debole vita con tutto quello che ha a disposizione. Inukashi lo farà. Quello era stato ciò che aveva pensato.
Inukashi sogghignò. Alzò un dito e lo roteò in aria.
“Hai avuto fiducia in me e io non ti ho deluso. Stai dicendo questo, giusto?”
“Sì. La penso così.” Anche Nezumi probabilmente. Si fidava di te, quindi ha lasciato tutto nelle tue mani. Shion ingoiò quelle parole non dette e chiuse la bocca. Non sapeva perché, ma sentiva che non avrebbe dovuto dire il nome di Nezumi in quel momento.
“Ehi, aspetta un attimo, Shion. Non starai mica dicendo che hai avuto fiducia in questo cagnaccio prima che in me, vero?”
“Ah, no—non è quello che…semplicemente, non ti associo ai bambini, ecco tutto, Rikiga-san.”
“Ovviamente,” si intromise Inukashi. “Perché se lo avessi lasciato ad una persona come questo vecchio, il piccolino sarebbe stato venduto il giorno seguente. Bambini vivi valgono un bel gruzzoletto, lo sai.”
“Cosa? Stai dicendo che la gente mette i bambini in vendita?” Tutto il colorito svanì dal viso di Karan. Rikiga scacciò via frettolosamente le parole di Inukashi.
“N-No—no, no, Karan, non è vero. Io non lo farei mai. Era solo uno scherzo di pessimo gusto. Questo qui fa sempre questo tipo di battutacce. Puoi immaginarti che mal di testa che mi vengono. Non devi prenderlo troppo seriamente.”
“…Hai ragione,” disse Karan, ancora incerta. “Non venderesti né compreresti mai dei bambini. È semplicemente assurdo, no?”
“Assolutamente.” Rikiga gonfiò il petto. “Karan, c’è una cosa che voglio che tu sappia: ho gestito molte attività nel vecchio West Block. Tra di esse, ce n’erano alcune che—ah, non erano esattamente le più oneste. Già. Per niente oneste. Ed è un fatto, questo.”
Inukashi curvò le spalle. “Non intendi ‘la maggior parte’? Credo che la gestione di quel mensile per adulti fosse il più decente.”
“Taci!” sbottò Rikiga. “Perché non te ne vai fuori e ciucci qualche osso di gallina? Karan, ascolta me,” la implorò. “Non ho mai osato usare bambini o neonati. Non ho mai usato i più deboli per procurarmi il pane quotidiano. È la verità. Per favore, credimi.”
“Ma certo che ti credo,” disse Karan. “Non riesco ad immaginarti guardare dei giovani come bersagli per il tuo profitto personale.”
“Karan.” Rikiga arrossì e fece un passo più vicino a Karan. “Grazie. Sento che la tua fiducia è tutto il supporto di cui ho bisogno.”
“Oh, Rikiga.” Karan indietreggiò di mezzo passo prima di sorridere serenamente. “Non ti ricordavo come qualcuno capace di poter recitare una frase così teatrale. Eri solito parlare francamente e in modo diretto ed eri sempre attento alle parole che usavi.”
Inukashi fischiò.
“Eh eh, mamma Karan non ha tutti i torti. ‘La tua fiducia è tutto ciò di cui ho bisogno’ un cavolo. Non trovi una frase del genere nemmeno nei romanzi più scadenti, di questi tempi.”
“Il tuo cervellino da randagio non ha mai nemmeno letto un libro prima. Nessuno ti ha chiesto niente,” disse Rikiga aspramente.
“Il mio cervello è nettamente migliore del tuo. Almeno il mio non è a mollo nell’alcol.”
“Cos’hai detto?” disse Rikiga minacciosamente.
“Cosa? Qualche problema?” ribatté Inukashi.
Si fissarono in cagnesco.
“Smettetela, voi due,” disse Karan, esasperata. “Shion, non stare lì a ridere e basta.”
Karan si sporse verso l’ombra dietro il divano e posò dolcemente Shion in una culla. La culla era semplice e spartana, costituita da vimini intrecciate senza troppi ricami, ma la sua forma arrotondata la rendeva bella nella sua semplicità. Sembrava molto vecchia, ma non mostrava segni di usura.
Una placchetta dorata era fissata ad un lato.
Per Shion, il mio adorato figlio.
Era stata incisa solamente quella breve frase.
“Mh? Mamma, questa è—”
La mano gentile di Karan fece dondolare la culla. “Sì. Usavo questa quando eri un neonato. Probabilmente non te ne ricordi.”
O forse sì? pensò Shion. Mi sembra di ricordare di aver sentito una ninnananna dolce mentre venivo cullato avanti e indietro, avanti e indietro…
“Non avrei mai immaginato che l’avrei mai più tirata fuori e usata di nuovo. Sono contenta di aver faticato il doppio per portarla qui quando abbiamo traslocato.”
Quando avevano traslocato da Chronos, il numero di mobili e di stoviglie che avevano potuto portare con loro era stato limitato all’estremo. La loro casa, i loro mobili, i servizi, l’abbondanza e la qualità d’alto rango dell’ambiente in cui vivevano erano stati dati loro per il semplice fatto che Shion era stato dichiarato un élite.
Una volta che quella certificazione era stata revocata, erano stati obbligati a restituire ogni cosa che era stata data loro da No.6. Gli effetti personali che Shion e Karan avevano portato a Lost Town erano sorprendentemente pochi. C’era una culla lì in mezzo? No. Shion l’avrebbe notata se ci fosse stata.
“L’ho trasportata in seguito, in segreto, e l’ho messa via nell’attico,” disse Karan.
“Perché l’hai dovuto farlo in segreto?”
La mano di Karan si fermò.
“Perché questa…quest’oggetto è stato costruito da tuo padre.”
Il respiro di Shion si bloccò in gola. Gli occludeva le vie respiratorie. Mentre espirava, la voce gli uscì insieme ad esso.
“Cosa? Mio padre?”
“Sì. Tuo padre ha fatto questa culla per te.” Karan increspò le labbra e distolse lo sguardo da Shion.
“Papà era…un artigiano?”
“No. Era un geologo—quello era il suo lavoro principale. E penso che fosse anche  particolarmente bravo. Era stato scelto come membro del team per il progetto di rinascita, dopotutto.”
Il team per il progetto di rinascita—era un gruppo di individui scelti per rendere No.6 un paradiso terrestre, un’utopia. Il sindaco, che desiderava diventare il sovrano assoluto di No.6, era un membro; Rou, lo scienziato che aveva pianificato di controllare la Dea della Foresta Elyurias, era un membro.
Ma le loro aspirazioni e il loro avvenire si erano trasformati ed erano andati alla deriva: Rou era diventato un uomo del sottosuolo; No.6 era diventata una città mostruosa e si era incamminata verso la distruzione.
E il padre di Shion era stato uno di quei membri. Shion era sbalordito. Era l’unica cosa che poteva dire, che era sbalordito.
“Ma mamma, hai detto…mi hai sempre detto che mio padre era dissoluto per quanto riguardava i soldi e le donne, che era un caso senza speranza, ad un passo dall’essere un alcolizzato. Ma poi mi vieni a dire che era gentile e sincero.”
“Certo. Perché è la verità.” Karan si imbronciò ancora di più. Assomigliava ad una bimba arrabbiata. “Sprecava tutti i soldi che avevamo e beveva tutto il giorno. Appena trovava una ragazza che gli piaceva, iniziava a frequentarla senza nemmeno pensare alle conseguenze…anche dopo esserci sposati, aveva amanti su amanti…”
“Avere un amante pur essendo sposati con te, Karan—non riesco a crederci. È imperdonabile.” Rikiga strinse i pugni, le sopracciglia corrugate dalla rabbia.
“Puoi dirlo forte,” commentò Inukashi. “Era corrotto quasi quanto te, vecchio.”
“Ehi, bastardo. Cosa ci sarebbe di così corrotto in me? Sono single, quindi posso giocar—ehm, spassarmela con le donne. Ma se mi sposassi—” Rikiga lanciò uno sguardo furtivo a Karan e prese fiato.
“L’amerei per tutto il resto della mia vita. Non guarderei nemmeno le altre donne. E smetterei di bere. Non per vantarmi, ma credo che sarei un buon padre di famiglia. Già.”
“Che cavolate,” sbottò Inukashi. “Tu, un marito decente? Ci sono più probabilità che il mio cane diventi uno chef d’alta classe. Ma mamma Karan, non riesco ad immaginare che un tale zoticone possa essere il padre di Shion. Le loro personalità sono troppo differenti.”
“Potrebbe essere. Ma era sorprendentemente bravo con le mani e penso che Shion abbia ereditato questa suacaratteristica. In realtà, questa—” Karan spostò piano il lenzuolo di Shion. Stava indossando un vestitino bianco con il colletto. Il colletto e la tasca davanti erano ricamati sugli orli con una linea blu. Un blu brillante.
“L’ha cucito a mano. La stessa cosa per i vestiti da neonato e il bavaglino. Li ha finiti il giorno prima di andarsene, lasciandoli sul tavolo con una lettera in cui diceva che voleva che Shion li indossasse il giorno del suo primo compleanno. Così, quando hai compiuto gli anni, Shion, te li ho messi. Erano un po’ larghi allora. Ma credo che siano perfetti per questo Shion.”
Questa era davvero la prima volta che Shion sentiva delle cose così dettagliate su suo padre da Karan. Shion non aveva mai chiesto nulla perché sua madre non sembrava avesse voglia di parlarne. Aveva vissuto la sua vita senza padre, accettando semplicemente il fatto che era così che doveva essere.
Suo padre era dissoluto e andava a donne, amava bere, era uno specialista di geologia, un membro del team per il progetto di rinascita, aveva del talento con le mani e aveva lasciato la sua famiglia poco dopo la nascita di Shion.
Shion lanciò uno sguardo alla culla. Vide il bambino, che aveva il suo stesso nome, dormire al suo interno. Toccò la camicetta ricamata.
Era quello che suo padre aveva lasciato loro.
Shion lanciò un’occhiata di nascosto al profilo di Karan.
Quindi i rapporti di Karan con i membri principali di No.6 non erano nati attraverso Rou. E suo padre, come membro, collega e possessore degli stessi ideali, aveva passato la sua gioventù al fianco del sindaco e di quegli scienziati.
“E il papà di Shion se n’è andato di casa perché…beh, per via di quel problema con le donne?” Inukashi si sporse in avanti.
“Ehi, non ficcare il naso negli affari personali degli altri,” disse Rikiga. “Non hai nemmeno un po’ di tatto in quel corpicino che ti ritrovi?”
“Hah, non parlarmi di tatto. Anche tu muori dalla voglia di sapere, vecchio. Stai provando a fare bella figura in un modo quasi disgustoso. Heh, mi viene da ridere.” I denti di Inukashi sbatterono rumorosamente insieme.
Quel commento aveva probabilmente fatto centro, perché Rikiga era arrossito fino alla punta delle orecchie e si zittì. Karan non sembrava né offesa né colta alla sprovvista dalla schiettezza di Inukashi. Continuò con calma.
“Forse avete ragione. Potrebbe essere stata un motivazione indiretta. Io ero giovane e volevo che la smettesse di rendersi ridicolo. Ma da quando scoprì che ero incinta di Shion, cambiò, almeno un po’. Tutte le sue attenzioni erano rivolte al figlio non ancora nato e aveva smesso addirittura di bere e di divertirsi con altre donne, anche se solo per poco tempo…iniziò a bere di nuovo non molto dopo. Ma sentivo che se fosse andata avanti così, forse ce l’avrebbe fatta a diventare un buon padre di famiglia. Nel profondo, ne ero fiera. Ecco perché so che non ha lasciato la famiglia per una donna…aveva un’altra ragione…”
“Perché No.6 stava cambiando.”
Karan sbatté le palpebre più volte alla frase lapidaria di Shion.
“Te ne sei accorto?”
“Ne avevo una vaga idea.”
Mentre No.6 prendeva le sembianze di una città-stato—uno stato totalitario, autoritario—molti membri si ritirarono dal progetto di rinascita durante il suo svolgimento. Alcuni erano stati rimossi intenzionalmente, mentre altri se ne erano andati di loro iniziativa. Ipoteticamente parlando, forse alcuni erano stati ritenuti degli ostacoli e assassinati in segreto. Era più che una mera possibilità.
“Era sconvolto dal fatto che No.6 stesse gradualmente—no, in verità, piuttosto rapidamente—cambiando mentre sviluppava nuove strutture cittadine. Era preoccupato, ma non aveva idea di cosa avrebbe potuto fare a riguardo. Forse era spaventato. Mi ricordo di averlo sentito ripetere tra sé e sé, ‘Non è possibile. Non può accadere davvero.’ Poi, un giorno…non dovevano essere passati che pochi mesi dalla nascita di Shion…mi disse, ‘Lasciamo No.6. Possiamo ancora scappare adesso. Presto non potremo più lasciare incolumi questa città.’ Il suo volto era grave mentre lo diceva. Doveva aver perso ogni speranza in No.6 a quel tempo. Probabilmente pensava, ‘Non posso più vivere qui. Un giorno soffocherò e finirò per togliermi la vita, o verrò ucciso.’ Per questo aveva cercato di convincermi a scappare da qualche parte lontano da No.6 e a iniziare una nuova vita in un paese sconosciuto, noi tre insieme.”
“Ma tu hai rifiutato, mamma.”
“Sì.” A Karan sfuggì un lungo sospiro. “Ho rifiutato. Gli dissi chiaramente che non sarei andata con lui. Semplicemente, non riuscivo a credere a quello che mi stava dicendo.”
Karan distolse gli occhi e guardò in basso come se lo sguardo di Shion fosse troppo accecante per poterlo affrontare direttamente.
“Quando gli chiesi dove saremmo potuti andare una volta lasciata No.6, disse che non lo sapeva. Poi scoppiò in una risata gioiosa e…disse che non sarebbe stato male vagare liberi come il vento. Ma io avevo un figlio che non aveva nemmeno un mese. Escludendo le sei città-stato, sapevo che rimanevano solo lande deserte e pochissimi campi su questo pianeta. Non riuscivo a reggere il pensiero di obbligare un neonato ad affrontare un viaggio così arduo. Immaginai che finché sarei restata dentro No.6, non avremmo dovuto soffrire la fame né le malattie. Non riuscii a convincermi che lui avrebbe potuto proteggerci meglio di No.6. Non sono riuscita a fidarmi di lui.”
Un altro sospiro scappò dalle labbra di Karan.
“Non so se ho preso la decisione giusta quel giorno. Certamente non mi pento di non essere andata con lui. Ma il punto è che ero già diventata dipendente da No.6. Stavo cercando di vivere una vita di subordinazione. Ho vissuto anni e anni senza nemmeno rendermene conto… Ero completamente all’oscuro della puzza nauseabonda di No.6, quando lui era stato uno dei primi ad essersene accorto. E questa—è una cosa davvero deplorevole.”
“E non hai idea di dove sia papà adesso?”
“No, non lo so. Non so nemmeno se è vivo o morto. Ma conoscendolo, sento che sta vivendo liberamente, facendo qualunque cosa gli aggrada.”
La voce di Karan si abbassò lievemente.
“Shion, vorresti incontrare tuo padre?”
“Beh…Ho conosciuto soltanto te, mamma, quindi non sento alcun tipo di nostalgia per lui. Non mi manca. Ma sono curioso.”
“Curioso?”
“Curioso del perché hai deciso di parlarmi di lui così all’improvviso. Non hai mai parlato di lui prima d’ora.”
Le labbra di Karan si mossero, ma non ne uscì parola. Seguì un breve istante di silenzio. Rimase tutto talmente immobile e calmo che si riusciva a sentire il respiro addormentato di Shion, nitido e chiaro.
“K-Karan—”
Rikiga si alzò bruscamente.
“Ah, um—quindi, f-fai ancora fatica a dimenticarlo, ah, il tuo ex-marito? Cioè, um, stai…aspettando il suo ritorno, o…è c-così che ti senti adesso? O sei, ah, libera da quel tipo di…ehm, sentimenti? Tipo se, um, dovesse succedere qualcosa che potrebbe portare a…”
“Che diavolo di linguaggio stai parlando, vecchio?” si intromise Inukashi. “Credo proprio che un cucciolo appena nato parlerebbe più chiaramente di te. Giusto?” Il cane dal pelo maculato che se ne stava sdraiato ai piedi di Inukashi aprì un occhio. Poi fece uno sbadiglio enorme. Karan sorrise.
“Non lo sto aspettando, Rikiga,” disse. “Per me, lui è ormai un uomo del passato. Ovviamente spero che sia ancora vivo, là fuori, ma—”
Una felicità inequivocabile attraversò il volto di Rikiga.
“Non potresti essere più ovvio di così,” borbottò Inukashi.
“È assolutamente la scelta giusta,” disse Rikiga con entusiasmo. “Non possiamo rimanere nel passato per sempre. Se dobbiamo pensare a qualcosa, dovrebbe essere il futuro. Domani è decisamente molto più importante di ieri.”
“Concordo.”
“V-Vero? La pensi così anche te, vero? Quindi…ah, Karan, non sei d’accordo anche tu sul fatto che, um…qualcuno con cui vivrai in futuro è, ah, molto più importante di qualcuno con cui hai vissuto in passato?”
“Certo, mi sembra ovvio. È per questo che ti ho invitato qui stasera. Volevo cenare con te.”
Un’esclamazione a metà tra un “oh” ed un “ah” scappò dalla labbra di Rikiga.
“K-Karan, dici sul serio? H—Hai pensato a me e questo perché—”
Inukashi tirò la giacca di Rikiga.
“Vecchio, vecchio. Non vorrei infrangere i tuoi sogni, ma sono stato invitato anch’io. Non sei l’unico. Non dimenticartene.”
Rikiga lo guardò in malo modo e fece un gesto con la mano come per scacciare via una mosca.
“Sciò! Sciò! Vattene via e portati dietro anche quel randagio puzzolente. Probabilmente ti sei auto-invitato per approfittare della cucina di Karan.”
Ma è un dato di fatto che abbia ricevuto un vero e proprio invito. Giusto, mamma Karan?”
“Sì, certo. Sia Inukashi che te, Rikiga, siete compagni importanti per Shion. Ed entrambi siete miei buoni amici. Ecco perché ho voluto farvi venire qui. Non ho molto da offrire, ma ho parecchio pane appena sfornato. E anche della marmellata fatta in casa e dello stufato che ha sobbollito per bene. Solo un minuto, ora preparo la tavola. Shion, potresti aiutarmi?”
“Certamente.”
Karan aprì la porta della cucina e sparì al suo interno. L’aroma di pane e di spezzatino si diffuse per la stanza. I due odori ben distinti facevano venire l’acquolina in bocca. Inukashi arricciò il naso, affamato.
“Do una mano anch’io! Farsi offrire un pasto gratis va contro la mia morale.” ridacchiò. “Hai sentito? Pane appena sfornato e stufato. Solo a pensarci mi viene l’acquolina, ma annusare questo profumino e…oh, è la cosa migliore. Lo stomaco mi brontola tantissimo. Non sei affamato, vecc—mh? Vecchio, cosa c’è? I tuoi occhi non mettono bene a fuoco. A che diavolo stai pensando?”
“…Compagni…Amici…”
“Uh?”
“Karan ha detto che sono un compagno. Un amico. Per Karan, sono sempre stato solamente un membro di una squadra, solo uno dei suoi amici…”
Shion e Inukashi si guardarono. Inukashi piegò la testa.
“Mmh. Beh, ‘siamo buoni amici’ è una frase di rifiuto piuttosto classica. I cani sarebbero più diretti e ti direbbero che odiano il tuo pelo o che i tuoi denti fanno schifo, ma agli umani piace prendere vie traverse. Hah, ma davvero, vecchio, stavi pensando di dichiararti a mamma Karan?”
“…Ero serio,” disse Rikiga, depresso. “Il lavoro sta andando a gonfie vele e ho sufficienti soldi da parte. Ero fiducioso che avrei reso Karan felice.”
A seguito della distruzione di No.6, le merci avevano iniziato a fluire oltre le mura. Rikiga aveva approfittato del chaos e le aveva comprate a prezzi stracciati.
Aveva accumulato opere d’arte e manufatti, oggetti di elettronica, dipinti, gioielli, mobili, macchinari medici, automobili, vestiti, materiali da ufficio, persino giocattoli; quando la situazione aveva cominciato a sistemarsi, li aveva rivenduti a prezzi molto più alti e ci aveva guadagnato una bella somma. Ora era il direttore e il manager di una compagnia di pubblicazione e di stampe, rilasciando un giornale settimanale di informazione e un quotidiano.
“Beh, tu sei una stella nascente nel settore imprenditoriale, Rikiga-san. In giro si dice che detieni molto potere nelle tue mani.”
“Lo pensi veramente, Shion?”
“Certo. Tu e Inukashi non avete bisogno di complimenti ipocriti da parte mia, no?” Shion si tolte il giaccone e si arrotolò le maniche.
“Te lo continuo a dire di non considerarmi alla stessa stregua del ragazzo-cane,” disse Rikiga stancamente. “Ma è abbastanza. Quindi, Shion, mi dai il permesso, allora? Credi che sia adatto a sposare Karan?”
“Eh? Oh, n—non intendevo…beh, uh, non credo che mia madre abbia intenzione di risposarsi. Mi stava dicendo giusto l’altro giorno di quanto sia soddisfatta della sua vita ora come ora e di come le piacerebbe continuare a lavorare in negozio per molto altro tempo.”
Ed era vero: la vita di Karan non era cambiata molto, almeno all’esterno. Gestiva il piccolo panificio nascosto in una viuzza di Lost Town, parlava con i clienti abituali e lavorava l’impasto per le pagnotte durante le prime ore del mattino.
Era la sua routine quotidiana e la ripeteva ogni giorno. Anche durante il periodo più turbolento, Karan aveva continuato ad accendere il forno, cuocere il pane e disporlo nella vetrina del suo negozio. La gente piangeva tra un boccone di un panino e uno di un muffin.
“Il mondo ci sta crollando sotto i piedi, ma questi hanno sempre lo stesso sapore. Ci sono ancora cose a questo mondo che non cambiano.”
Quelle erano le parole di un anziano, un cliente abituale. Aveva mormorato quella parole ancora e ancora, con le guance bagnate dalle lacrime. Shion aveva udito mormorii simili molte altre volte.
Esiste qualcosa qui che non cambierà mai—per le persone, questa certezza significava speranza e una ragione per cui continuare a vivere.
“Tua madre è una donna incredibile,” aveva detto una volta Nezumi, con un’insolita nota di stupore nella sua voce.

Era accaduto il giorno in cui si era svegliato.
Il giorno in cui ogni cosa era finita—no, iniziata—Shion aveva trascinato il suo corpo esausto e martoriato a casa sua, da Karan. Dopo un alquanto breve abbraccio per essersi finalmente riuniti, era collassato sul letto accanto a Nezumi e aveva dormito come un sasso. Il suo sonno era stato talmente pesante da troncare tutti e cinque i sensi e, quando si era risvegliato, era già mezzogiorno del giorno seguente. Era quel momento della giornata in cui il sole brilla dritto dall’alto, emettendo un leggero bagliore biancastro.
Non c’era traccia di Nezumi al suo fianco. C’era una coperta ripiegata perfettamente e piazzata ai piedi del letto. Shion posò un pugno sulla coperta piegata. Un verso strozzato gli sfuggì, inconsciamente.
Nezumi, te ne sei andato? Proprio come hai fatto quattro anni fa?



Nezumi e Shion al mercato nel West Block - Official Art by toi8
Note:
(1) Blocco: Esistono quattro Blocchi, ovviamente, ognuno per i quattro punti cardinali. Il West Block è uno di questi. 
(2) Scimmia e cane: Nel folklore giapponese, scimmie e cani non vanno per nulla d’accordo. Per maggiori informazioni, non lo so, consultate Wikipedia o compratevi un libro di tradizioni del Giappone, lol.

2 commenti:

  1. Grazie per averlo tradotto!
    Corro a leggere il seguito!

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    1. Ciao, innanzitutto grazie per i commenti gentilissimi, sono contenta che tu abbia apprezzato le traduzioni e ancor più No.6! Purtroppo hai ragione tu, l'anime rende proprio poco in confronto alla novel, però almeno grazie alla popolarità dell'anime, abbiamo avuto la possibilità di poterla leggere!

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