Current Mood: assonnata as fuck
Listening to: great escape - cinema staff
Ecccccomi!
Et voilà, il secondo capitolo di No.6 Beyond si è fatto attendere ma finalmente è qui! In realtà è solo la prima parte. Volevo portarvelo intero, perché non è molto lungo - o meglio, non così lungo come i capitoli 3 e 4. Però volevo aggiornare il blog, ma la traduzione della seconda parte è ancora a metà, perciò ho deciso di lasciare la classica suddivisione dei capitoli in due parti. Chiedo perdono.
Ad essere totalmente sinceri la traduzione di questa prima parte era pronta ancora ieri sera, ma la notte prima avevo dormito sei ore e dovevo correggere alcune frasi e renderne più scorrevoli altre, quindi ho preferito aspettare a sistemare il tutto. E sapete, l'avrei pubblicata ancora stamattina, ma avevo degli impegni a Milano city e mi sono liberata solo ora. [Trenitalia fai schifo.] Oltretutto questa notte ho avuto un sonno decisamente agitato (durato, ahimé, solo tre orette) quindi anche la revisione di questo capitolo è stata particolarmente ostica. Sì, ho sonno. No, non andrò a letto presto.
Comunque, siccome domani sera non escono anime che seguo, dovrei aggiornare con la seconda parte del capitolo, yaaay! Ma non faccio promesse, mi dispiace.
Anyway, vi lascerei liberi di leggere ora, perché le mie capacità di scrivere qualcosa di anche solo lontanamente sensato si stanno affievolendo di minuto in minuto, della serie cosa sto dicendo omg sto blaterando di nuovo.
A presto!
NO.6 BEYOND
Una Canzone dal Passato
Nezumi sollevò la testa. Corrugò impercettibilmente la
fronte.
“Cosa? Cos’hai appena detto, Shion?”
“Ho detto che voglio vederti.”
Shion sorseggiò l’acqua calda dalla tazza. Quel poco di
zucchero mischiato al suo interno le dava un sapore leggermente dolce. Lo
zucchero era considerato un bene di lusso nel West Block. Shion stesso non
beveva acqua aromatizzata da molto tempo.
“Ho detto che voglio venire ad assistere ad un tuo
spettacolo.”
“Perché?”
“Perché, beh…nessuna ragione particolare. Solo, vorrei
vederti.”
Nezumi abbassò la testa e chiuse il libro che stava
leggendo con un colpo piuttosto secco.
“Non è una risposta. Se stai cercando qualcosa con cui
ammazzare il tempo, prendi in considerazione altre opzioni.”
“Non ho abbastanza tempo libero da ammazzare. Devo lavare
i cani almeno due volte a settimana e ho promesso di leggere dei libri a Karan
e agli altri bambini. Ho anche iniziato a lavorare part-time da Rikiga-san. In
realtà stavo proprio per andare da lui adesso.”
“Lavorare part-time? A casa di quel vecchio? Sicuramente
si tratterà di qualcosa di decoroso e onesto tipo fare fotografie a donne
nude.”
“No, faccio solo delle commissioni e lavori vari. Cose
come sistemare le ricevute e pulire l’ufficio. A dir la verità Rikiga-san segue
una gran quantità di affari diversi. Non immaginavo.”
“Beh, scommetto che ai miei topi cresceranno le ali e
inizieranno a volare prima che quel vecchio inizi ad occuparsi di qualcosa di
anche lontanamente decente. Ha!
Meglio che tu stia in campana, Shion. Chissà quando qualche donna ti farà visita
attaccandoti con un pugnale come è successo a Rikiga.”
“Non credo ci siano molte possibilità che una cosa del
genere accada,” disse Shion, scettico. “È da un po’ che Rikiga-san dice di aver
chiuso definitivamente con le donne.”
“Sono tutte chiacchiere. Lui ama le donne. È una cosa che
gli scorre nelle vene. Non può vivere senza di loro. Ma se dovessimo mettere
l’alcol e le donne su una bilancia, probabilmente lui sceglierebbe l’alcol,
dopo una lunga ponderazione e una tonnellata di lamentele.”
“Quel che è certo è che non indori la pillola, eh?”
“È solo che non posso svendere la mia gentilezza come fai
tu.”
Nezumi si alzò. Una creaturina color nocciola gli saltò
sulla spalla come se stesse aspettando il momento opportuno. Era Cravat, un
topino cui Shion aveva dato quel nome per via del colore del pelo.
“Non è una cosa buona secondo te essere gentili con
tutti?” Le parole di Shion si fecero taglienti. Sentì un fremito agitarsi in fondo
al petto. Quel nervosismo gli rendeva difficile respirare. Quella sensazione
era qualcosa che non avrebbe mai potuto conoscere se fosse rimasto all’interno
di No.6. Le più svariate emozioni si dimenavano dentro di lui. Creavano e
sovrapponevano un’immagine dopo l’altra come in un caleidoscopio.
Da quando aveva iniziato a vivere nel West Block, Shion
si era scoperto allarmato dalla confusione e dall’esuberanza delle sue stesse
emozioni. Il suo cuore stava rompendo il suo strato più esterno. La sua anima straripava
mentre lacerava il guscio esteriore, rigido e opprimente.
Nezumi ripose il libro sullo scaffale e prese la mantella.
“Parole gentili che non feriscono nessuno—che senso
hanno?” Nezumi si avvolse il tessuto di superfibra attorno alle spalle e infilò
i guanti. “Tutto quello che esce dalla tua bocca è gentile e distaccato. Come
il cinguettare degli uccellini o un coro di insetti. È piacevole, certo, ma non
ha il benché minimo senso in certe situazioni. Non ha senso neppure per te.”
“Nezumi—”
“Shion, tu non sei gentile. Semplicemente, non vuoi
ferirti. Ecco perché togli tutte le spine dalle tue parole. Senza alcun senso
di responsabilità, sputi parole che non feriscono ma non fanno neppure del
bene. Ammettilo—ho ragione io.”
Shion non poteva completamente dagli torto. Non poteva
nemmeno mostrare la sua rabbia né lamentarsi che Nezumi lo stesse insultando.
Le parole di Nezumi erano piene di spine. Se Shion le avesse toccate
imprudentemente, gli avrebbero punto i polpastrelli e sarebbe uscito del
sangue. In confronto ad esse, forse le sue erano davvero parole distaccate.
Shion non pensava che fosse una cosa malvagia evitare di
ferire gli altri. E neppure che la gentilezza fosse inutile. Ma sapeva anche
che Nezumi non stava criticando la sua di gentilezza.
Parole dolci che non fanno del male a nessuno e parole
che non portano il peso delle conseguenze erano normali a No.6.
Oh, che peccato.
Qualcuno dovrebbe fare qualcosa a riguardo.
Che sfortuna. Il
mio cuore gli è vicino.
Metteremo cuore ed
anima nei nostri sforzi.
Dobbiamo essere
tutti amichevoli tra di noi.
In un ambiente del genere, inconsciamente Shion si era
distaccato sempre più dal significato e dal peso delle proprie parole. Ma non
c’era alcun valore nel mostrare un interesse e una gentilezza, promesse ed
amore completamente inconsistenti. Erano semplicemente ripugnanti. Shion
l’aveva già capito senza che Nezumi glielo facesse notare. Lo sapeva, ma
sperava di poter fingere di non essersene reso conto.
Nezumi aveva visto chiaramente i pensieri che ribollivano
nelle profondità del cuore di Shion. Si era sentito irritato dalla bassezza di
Shion e dalla sua gentilezza artificiosa, finendo col pronunciare parole
spinose. Shion sapeva che si meritava di rimanerne ferito. Ma—
“Sono sempre serio quando parlo con te.”
Nezumi si voltò.
“Mh? Cos’hai detto?”
“No, ecco…” Se avesse tentennato a rispondere proprio
adesso, c’era la possibilità che l’irritazione di Nezumi potesse crescere
ulteriormente. Ma Shion si trovò la lingua pesante e non più disposta a
muoversi.
Sono qui e ti sto
affrontando in tutta serietà. Quelle parole erano intense—così intense che
Shion le trovò estremamente difficili da pronunciare.
Cravat squittì dalla sua postazione sulla spalla di
Nezumi.
Chit-chit!
Cheep-cheep-cheep!
“Merda. Sono di
nuovo in ritardo.” Il tono di Nezumi era calmo. Non c’era segno
dell’irritazione di pochi istanti prima.
“Ci vediamo,
Shion. Come ho già detto, stai attento quando vai a lavorare da quel vecchio.” Detto
questo, Nezumi uscì. Shion rimase solo—beh, non esattamente. Hamlet e Tsukiyo,
i due topini, gli dormivano in grembo.
Shion grattò le
loro testoline con un dito e prese un altro sorso di quell’acqua zuccherata.
Era deliziosa. Immaginò che l’espressione ‘dolce nettare’ probabilmente si
riferisse proprio ad un sapore come quello.
I giorni che Shion aveva passato lì nel West Block
avevano rapidamente acuito i suoi cinque sensi, senza che se ne accorgesse: vista,
udito, olfatto, tatto e gusto. Quando si trovava a No.6, era solito mangiare
tanto cibo ‘delizioso’ quanto voleva, fino ad esserne sazio. Ne aveva la
possibilità. Se lo desiderava, poteva mettere le mani su ogni tipo di carne,
vegetale, pesce, dolce o frutto, senza limiti. In seguito al suo trasferimento
a Lost Town, l’assortimento di cibo da cui poteva scegliere si era
considerevolmente ristretto se comparato con quella ai tempi di Chronos, ma
raramente si era potuto sentire svantaggiato.
Le torte e il pane appena sfornato di sua madre Karan
erano frugali ma deliziosi e non si stancava mai di mangiarli. Eppure Shion
sentiva che nemmeno quel sapore era riuscito a penetrare così a fondo nel suo
cuore come il gusto di quell’acqua calda.
Svuotò la tazza. Il calore lo avvolse fino a raggiungere la
punta delle dita e un’energia nuova gli riempì il corpo intero.
“Va bene, ora devo andare anch’io.”
Shion trasferì con cautela Hamlet e Tsukiyo sul letto e
si alzò.
“Ma sai, non pensi che io abbia imparato molto dal canto
mio, da quando sono arrivato qui? Riesco anche a tenere un inventario delle
ricevute. E Rikiga dice che lavo il pavimento e i piatti in modo perfetto come un
uomo vero. Un uomo vero. Ho il permesso di sentirmi fiero di me almeno un po’,
no?”
Sto usando il mio
corpo e il mio cervello per lavorare e raccoglierne i frutti. Posso sentirmi
fiero di me stesso, non importa che tipo di lavoro compia, non importa quanto
bassa possa essere la paga. Vero?
Tsukiyo alzò la testa e mosse le orecchie in un segno di
accordo.
Cavoli. Nezumi
digrignò i denti. Proprio senza speranza,
disse mentalmente, in tono di rimprovero. Non si stava riferendo a Shion.
Stava parlando di se stesso. Cravat squittì debolmente dall’interno del suo mantello.
Skreet-skreet! Cheep-cheep-cheep!
“Chiudi il
becco. Non c’è bisogno che me lo dica tu; lo so già. Ho sfogato la mia frustrazione
su Shion prima. Lo so.”
A volte—anche se
era molto raro—le emozioni di Nezumi diventavano instabili mentre si trovava
attorno a Shion. Il suo autocontrollo si allentava e i pensieri fluivano incensurati
dalle sua labbra. Si scontravano, mandavano scintille e saette. Nezumi non
aveva mai avuto intenzione di incolpare Shion. Sapeva di non essere abbastanza
forte da avere il diritto di farlo. Ma quando era con Shion, tentennava.
Il suo cuore,
che voleva odiare e respingere tutto ciò che riguardava No.6, vacillava.
No.6. La
città-stato più terribile del mondo intero. Non era né un’utopia né una città
santa. Quei nomi non erano nient’altro che una facciata. Appena fosse riuscito
a strappare via quella pelle sottile, il mostro avrebbe rivelato la sua vera
forma.
Un mostro che si
cibava di uomini.
Non aveva mai
esitato a distruggere le città vicine e a massacrare intere tribù se ciò
significava prosperità per se stessa. Saccheggiava, prosciugava, dominava.
Un giorno la distruggerò. Per Nezumi, No.6 era un nemico che doveva disintegrare con le sue
stesse mani, un’esistenza che doveva essere estirpata da questo mondo.
Ma all’interno
di quel mostro grottesco e ripugnante viveva un ragazzo come Shion. Shion aveva
lasciato entrare un intruso, un VC—il termine che No.6 usava per i carcerati
violenti—in casa sua, medicato le sue ferite, gli aveva offerto del cibo e un
luogo in cui dormire e, come conseguenza, aveva perso il diritto ad una vita agiata
come élite. Shion aveva perso ogni cosa, eppure aveva confessato a Nezumi…
Se avessi la possibilità di ritornare a quella notte,
farei di nuovo la stessa identica cosa, ogni volta. Aprirei la finestra e
aspetterei il tuo arrivo.
Erano parole
oneste e concise. Gli avevano trafitto il cuore. Per un secondo, Nezumi non
aveva potuto fare altro che fissare Shion senza batter ciglio. Shion non usava
parole cariche di gentilezza effimera, decisamente, e Nezumi era sicuro che le
persone che lo circondavano erano come lui.
La madre di
Shion nutriva la speranza incrollabile che suo figlio sarebbe ritornato e
pensava a lui costantemente mentre lo aspettava. A detta dei topini che Nezumi
aveva inviato come messaggeri, i deliziosi muffin e il pane che cucinava erano
sufficienti a gonfiare le guance già solo all’idea di mangiarli. E poi c’era quella
ragazza con il suo amore ostinato e risoluto.
Quelle erano le
persone che Shion aveva accanto—che facevano tutto il possibile per vivere ogni
giorno pienamente. Andavano avanti senza perdere la loro dignità. Le loro
parole erano oneste, non erano utilizzate per compiacere gli altri. Quelle
persone vivevano all’interno di quel mostro.
Se non avesse
incontrato Shion, non l’avrebbe mai nemmeno immaginato. Avrebbe continuato ad
odiare e disprezzare ogni cittadino di No.6 e a desiderare la rovina della
città.
Ma l’aveva
incontrato.
Ne era venuto a
conoscenza.
Posso continuare ad odiare, anche dopo tutto questo?
Tentennò. Perse
la sua tipica compostezza. Esitò.
Nezumi si fermò
e si voltò. Le mura esterne di No.6 riflettevano la luce morente del crepuscolo.
Il suo bagliore rossastro gli fece pensare al fuoco. Molto, molto tempo prima,
aveva visto quel colore che era inciso come un marchio nei suoi ricordi. Non
era né cremisi, né bordeaux, né rosso. Era un miscuglio di quei colori—una tinta
che poteva essere descritta come il caos.
Quel colore indugiò
ancora sulle retine di Nezumi anche dopo essere uscito dal bosco e aver
superato il mercato. Probabilmente non se lo sarebbe dimenticato per il resto
della sua vita.
Stavano bruciando.
Le case, gli alberi, la sua sorellina appena nata e sua madre che la teneva tra
le braccia. Tutto andava a fuoco.
“Scappa!” aveva
urlato sua madre, mentre bruciava. I suoi capelli morbidi, la sua pelle, la sua
figura, erano un ammasso di fiamme. Suo padre aveva coperto il corpo di sua
madre con il proprio, sbattendo freneticamente le mani cercando di spegnere le
fiamme. Un soldato di No.6 puntò il lanciafiamme nella loro direzione.
Dell’altro fuoco
esplose in avanti.
Suo padre, sua
madre e sua sorella minore furono inghiottiti dalle fiamme, che divampavano
alte e feroci.
Nezumi stesso
era stato sopraffatto da un’ondata di calore e dolore e fu gettato al suolo.
Fa male. Brucia. Ho paura.
Brucia, brucia, brucia, brucia, brucia, brucia, brucia.
“Corri!” L’urlo
di suo padre attraversò il frastuono delle fiamme. “Scappa! Anche se nessuno di
noi può farlo, almeno tu—”
Poi, scoppiò il
finimondo. Nezumi vide tutto. O almeno, doveva aver visto tutto. Ma non ne
aveva memoria. Le uniche cose che ricordava erano il colore delle fiamme che
infuriavano e il loro ruggire—il suono delle fiamme vorticanti era così, un
ruggito di una bestia—e la schiena di una vecchia.
Stava venendo
trasportato sulla schiena di una vecchia, mentre quest’ultima correva. Aveva la
schiena ossuta e, anche a quell’età, Nezumi se ne rese conto. Ma al tempo
stesso era tutt’altro che gracile. Sia la sua schiena che le gambe erano forti.
La vecchia
correva, sfrecciando tra le fiamme danzanti, con il vento che le spazzava via, oltre
i soldati di No.6. Corse in un groviglio di cespugli, scendendo poi per un
sentiero selvaggio fino ad attraversare un corso d’acqua agitato.
Nezumi era vivo
grazie a questa donna. Era sopravvissuto.
Una volta che
Nezumi si riprese dalla ustioni abbastanza da riuscire a muoversi, la vecchia iniziò
immediatamente i preparativi per un viaggio.
“Dobbiamo
allontanarci dal demonio, ora,” aveva mormorato la donna tra sé e sé. “Ma
torneremo. Torneremo a riscuotere la nostra vendetta.”
Mentre vagavano
tra colline aride e rocciose e le pianure che poi sarebbero state conosciute
con il nome di West Block, la donna parlava giorno e notte.
Parlava
continuamente, rievocando gli ultimi instanti del Popolo della Foresta, le
azioni inumane che sarebbero poi state scolpite per sempre nella memoria di
pochi eletti come un incidente chiamato Massacro di Mao. I suoi monologhi si
ripetevano giorno dopo giorno, anche dopo essersi stabiliti nei seminterrati
nel West Block. Nezumi crebbe sepolto tra i libri, ascoltando le storie di
questa vecchia. Non si sentì mai privato di alcunché. Ma la ferita sulla schiena
gli faceva male come se si riaprisse sentendo i racconti della vecchia. La voce
di sua madre e le grida di suo padre gli riecheggiavano in testa. Era doloroso
per lui.
Corri!
Anche se nessuno di noi può farlo, almeno tu—
Ogni volta che
richiamava alla memoria quelle parole, la sua ustione pulsava dolorosamente.
Era come se quella cicatrice si contorcesse su se stessa. La vecchia senza
aprir bocca guardava dall’alto in basso Nezumi, mentre stringeva i denti e
sopportava il dolore. Il suo sguardo era freddo e privo di emozioni.
La donna
oltretutto stava raggiungendo i suoi limiti mentali. Il suo odio, la
disperazione e l’angoscia minacciavano di schiacciarla sotto il loro stesso
peso. Si stava torturando nel ricordo, pericolosamente vicina al limite, ad un
passo dal cedere alla tentazione della morte. Nezumi riusciva a percepire con
l’istinto, non grazie alla logica, la tempesta di emozioni che crescevano sempre
più dentro di lei.
Quella notte,
stavano dormendo all’aperto su una striscia di terra desolata ai confini del
West Block. Pochi giorni dopo avrebbero deciso di sistemarsi permanentemente
lì. Come al solito, accesero un fuoco e dormirono lì vicino. Per qualche tempo
dopo la loro fuga, l’intero corpo di Nezumi si bloccava quando vedeva il fuoco.
Quel colore, quel ruggito, quelle urla gli trafiggevano il corpo e la ferita
gli bruciava.
Ma nel giro di
un anno, quella paura si dissipò.
Il fuoco era
essenziale, sia per il calore sprigionato, sia per la cottura della carne. Se
avesse continuato a temerlo, sarebbe morto di freddo. Nezumi era anche giunto
ad una conclusione.
Sono gli uomini ad essere spaventosi, non il fuoco.
Avevano
l’abitudine di fare dei turni per tenere vivo il fuoco, dandosi il cambio ogni
poche ore di sonno.
“Puoi dormire
fino all’alba, quando il cielo ad oriente inizierà a schiarirsi. Non devi
sentirti in colpa. Noi vecchi non abbiamo bisogno di dormire molto.”
Fu proprio prima
che Nezumi andasse a dormire. La vecchia aveva mostrato un sorriso insolito,
raro, mentre aggiungeva dei rami sul fuoco. Le fiamme scoppiettarono dolcemente.
Era un suono più simile allo squittio di un topo che ad un ruggito.
La volta celeste
orientale era ancora nera come l’inchiostro quando Nezumi si svegliò. Si alzò
bruscamente e si guardò intorno. Aveva sentito un pianto sommesso. Quel suono
lo aveva svegliato.
Il fuoco era
ancora acceso. Le fiamme ondeggiavano.
“Nonna…c’è qualcosa che non va?”
“Nonna…c’è qualcosa che non va?”
{Continua qui}
Shion e Tsukiyo - Official Art |
Grazie per averlo tradotto; dopo la giornata di oggi mi ci voleva!
RispondiEliminaVado a leggere la seconda parte!