lunedì 19 agosto 2013

[Novel Ita] No.6 Beyond - A Song From the Past (parte prima)






Current Mood: assonnata as fuck
Listening to: great escape - cinema staff


Ecccccomi!
Et voilà, il secondo capitolo di No.6 Beyond si è fatto attendere ma finalmente è qui! In realtà è solo la prima parte. Volevo portarvelo intero, perché non è molto lungo - o meglio, non così lungo come i capitoli 3 e 4. Però volevo aggiornare il blog, ma la traduzione della seconda parte è ancora a metà, perciò ho deciso di lasciare la classica suddivisione dei capitoli in due parti. Chiedo perdono. 
Ad essere totalmente sinceri la traduzione di questa prima parte era pronta ancora ieri sera, ma la notte prima avevo dormito sei ore e dovevo correggere alcune frasi e renderne più scorrevoli altre, quindi ho preferito aspettare a sistemare il tutto. E sapete, l'avrei pubblicata ancora stamattina, ma avevo degli impegni a Milano city e mi sono liberata solo ora. [Trenitalia fai schifo.] Oltretutto questa notte ho avuto un sonno decisamente agitato (durato, ahimé, solo tre orette) quindi anche la revisione di questo capitolo è stata particolarmente ostica. Sì, ho sonno. No, non andrò a letto presto.
Comunque, siccome domani sera non escono anime che seguo, dovrei aggiornare con la seconda parte del capitolo, yaaay! Ma non faccio promesse, mi dispiace.
Anyway, vi lascerei liberi di leggere ora, perché le mie capacità di scrivere qualcosa di anche solo lontanamente sensato si stanno affievolendo di minuto in minuto, della serie cosa sto dicendo omg sto blaterando di nuovo.
A presto!


Capitolo1 - parte 1; parte 2

NO.6 BEYOND

Una Canzone dal Passato

Nezumi sollevò la testa. Corrugò impercettibilmente la fronte.
“Cosa? Cos’hai appena detto, Shion?”
“Ho detto che voglio vederti.”
Shion sorseggiò l’acqua calda dalla tazza. Quel poco di zucchero mischiato al suo interno le dava un sapore leggermente dolce. Lo zucchero era considerato un bene di lusso nel West Block. Shion stesso non beveva acqua aromatizzata da molto tempo.
“Ho detto che voglio venire ad assistere ad un tuo spettacolo.”
“Perché?”
“Perché, beh…nessuna ragione particolare. Solo, vorrei vederti.”
Nezumi abbassò la testa e chiuse il libro che stava leggendo con un colpo piuttosto secco.
“Non è una risposta. Se stai cercando qualcosa con cui ammazzare il tempo, prendi in considerazione altre opzioni.”
“Non ho abbastanza tempo libero da ammazzare. Devo lavare i cani almeno due volte a settimana e ho promesso di leggere dei libri a Karan e agli altri bambini. Ho anche iniziato a lavorare part-time da Rikiga-san. In realtà stavo proprio per andare da lui adesso.”
“Lavorare part-time? A casa di quel vecchio? Sicuramente si tratterà di qualcosa di decoroso e onesto tipo fare fotografie a donne nude.”
“No, faccio solo delle commissioni e lavori vari. Cose come sistemare le ricevute e pulire l’ufficio. A dir la verità Rikiga-san segue una gran quantità di affari diversi. Non immaginavo.”
“Beh, scommetto che ai miei topi cresceranno le ali e inizieranno a volare prima che quel vecchio inizi ad occuparsi di qualcosa di anche lontanamente decente. Ha! Meglio che tu stia in campana, Shion. Chissà quando qualche donna ti farà visita attaccandoti con un pugnale come è successo a Rikiga.”
“Non credo ci siano molte possibilità che una cosa del genere accada,” disse Shion, scettico. “È da un po’ che Rikiga-san dice di aver chiuso definitivamente con le donne.”
“Sono tutte chiacchiere. Lui ama le donne. È una cosa che gli scorre nelle vene. Non può vivere senza di loro. Ma se dovessimo mettere l’alcol e le donne su una bilancia, probabilmente lui sceglierebbe l’alcol, dopo una lunga ponderazione e una tonnellata di lamentele.”
“Quel che è certo è che non indori la pillola, eh?”
“È solo che non posso svendere la mia gentilezza come fai tu.”
Nezumi si alzò. Una creaturina color nocciola gli saltò sulla spalla come se stesse aspettando il momento opportuno. Era Cravat, un topino cui Shion aveva dato quel nome per via del colore del pelo.
“Non è una cosa buona secondo te essere gentili con tutti?” Le parole di Shion si fecero taglienti. Sentì un fremito agitarsi in fondo al petto. Quel nervosismo gli rendeva difficile respirare. Quella sensazione era qualcosa che non avrebbe mai potuto conoscere se fosse rimasto all’interno di No.6. Le più svariate emozioni si dimenavano dentro di lui. Creavano e sovrapponevano un’immagine dopo l’altra come in un caleidoscopio.
Da quando aveva iniziato a vivere nel West Block, Shion si era scoperto allarmato dalla confusione e dall’esuberanza delle sue stesse emozioni. Il suo cuore stava rompendo il suo strato più esterno. La sua anima straripava mentre lacerava il guscio esteriore, rigido e opprimente.
Nezumi ripose il libro sullo scaffale e prese la mantella.
“Parole gentili che non feriscono nessuno—che senso hanno?” Nezumi si avvolse il tessuto di superfibra attorno alle spalle e infilò i guanti. “Tutto quello che esce dalla tua bocca è gentile e distaccato. Come il cinguettare degli uccellini o un coro di insetti. È piacevole, certo, ma non ha il benché minimo senso in certe situazioni. Non ha senso neppure per te.”
“Nezumi—”
“Shion, tu non sei gentile. Semplicemente, non vuoi ferirti. Ecco perché togli tutte le spine dalle tue parole. Senza alcun senso di responsabilità, sputi parole che non feriscono ma non fanno neppure del bene. Ammettilo—ho ragione io.”
Shion non poteva completamente dagli torto. Non poteva nemmeno mostrare la sua rabbia né lamentarsi che Nezumi lo stesse insultando. Le parole di Nezumi erano piene di spine. Se Shion le avesse toccate imprudentemente, gli avrebbero punto i polpastrelli e sarebbe uscito del sangue. In confronto ad esse, forse le sue erano davvero parole distaccate.
Shion non pensava che fosse una cosa malvagia evitare di ferire gli altri. E neppure che la gentilezza fosse inutile. Ma sapeva anche che Nezumi non stava criticando la sua di gentilezza.
Parole dolci che non fanno del male a nessuno e parole che non portano il peso delle conseguenze erano normali a No.6.
Oh, che peccato. Qualcuno dovrebbe fare qualcosa a riguardo.
Che sfortuna. Il mio cuore gli è vicino.
Metteremo cuore ed anima nei nostri sforzi.
Dobbiamo essere tutti amichevoli tra di noi.
In un ambiente del genere, inconsciamente Shion si era distaccato sempre più dal significato e dal peso delle proprie parole. Ma non c’era alcun valore nel mostrare un interesse e una gentilezza, promesse ed amore completamente inconsistenti. Erano semplicemente ripugnanti. Shion l’aveva già capito senza che Nezumi glielo facesse notare. Lo sapeva, ma sperava di poter fingere di non essersene reso conto.
Nezumi aveva visto chiaramente i pensieri che ribollivano nelle profondità del cuore di Shion. Si era sentito irritato dalla bassezza di Shion e dalla sua gentilezza artificiosa, finendo col pronunciare parole spinose. Shion sapeva che si meritava di rimanerne ferito. Ma—
“Sono sempre serio quando parlo con te.”
Nezumi si voltò.
“Mh? Cos’hai detto?”
“No, ecco…” Se avesse tentennato a rispondere proprio adesso, c’era la possibilità che l’irritazione di Nezumi potesse crescere ulteriormente. Ma Shion si trovò la lingua pesante e non più disposta a muoversi.
Sono qui e ti sto affrontando in tutta serietà. Quelle parole erano intense—così intense che Shion le trovò estremamente difficili da pronunciare.
Cravat squittì dalla sua postazione sulla spalla di Nezumi.
Chit-chit! Cheep-cheep-cheep!
“Merda. Sono di nuovo in ritardo.” Il tono di Nezumi era calmo. Non c’era segno dell’irritazione di pochi istanti prima.
“Ci vediamo, Shion. Come ho già detto, stai attento quando vai a lavorare da quel vecchio.” Detto questo, Nezumi uscì. Shion rimase solo—beh, non esattamente. Hamlet e Tsukiyo, i due topini, gli dormivano in grembo.
Shion grattò le loro testoline con un dito e prese un altro sorso di quell’acqua zuccherata. Era deliziosa. Immaginò che l’espressione ‘dolce nettare’ probabilmente si riferisse proprio ad un sapore come quello.
I giorni che Shion aveva passato lì nel West Block avevano rapidamente acuito i suoi cinque sensi, senza che se ne accorgesse: vista, udito, olfatto, tatto e gusto. Quando si trovava a No.6, era solito mangiare tanto cibo ‘delizioso’ quanto voleva, fino ad esserne sazio. Ne aveva la possibilità. Se lo desiderava, poteva mettere le mani su ogni tipo di carne, vegetale, pesce, dolce o frutto, senza limiti. In seguito al suo trasferimento a Lost Town, l’assortimento di cibo da cui poteva scegliere si era considerevolmente ristretto se comparato con quella ai tempi di Chronos, ma raramente si era potuto sentire svantaggiato.
Le torte e il pane appena sfornato di sua madre Karan erano frugali ma deliziosi e non si stancava mai di mangiarli. Eppure Shion sentiva che nemmeno quel sapore era riuscito a penetrare così a fondo nel suo cuore come il gusto di quell’acqua calda.
Svuotò la tazza. Il calore lo avvolse fino a raggiungere la punta delle dita e un’energia nuova gli riempì il corpo intero.
“Va bene, ora devo andare anch’io.”
Shion trasferì con cautela Hamlet e Tsukiyo sul letto e si alzò.
“Ma sai, non pensi che io abbia imparato molto dal canto mio, da quando sono arrivato qui? Riesco anche a tenere un inventario delle ricevute. E Rikiga dice che lavo il pavimento e i piatti in modo perfetto come un uomo vero. Un uomo vero. Ho il permesso di sentirmi fiero di me almeno un po’, no?”
Sto usando il mio corpo e il mio cervello per lavorare e raccoglierne i frutti. Posso sentirmi fiero di me stesso, non importa che tipo di lavoro compia, non importa quanto bassa possa essere la paga. Vero?
Tsukiyo alzò la testa e mosse le orecchie in un segno di accordo.

Cavoli. Nezumi digrignò i denti. Proprio senza speranza, disse mentalmente, in tono di rimprovero. Non si stava riferendo a Shion. Stava parlando di se stesso. Cravat squittì debolmente dall’interno del suo mantello.
Skreet-skreet! Cheep-cheep-cheep!
“Chiudi il becco. Non c’è bisogno che me lo dica tu; lo so già. Ho sfogato la mia frustrazione su Shion prima. Lo so.”
A volte—anche se era molto raro—le emozioni di Nezumi diventavano instabili mentre si trovava attorno a Shion. Il suo autocontrollo si allentava e i pensieri fluivano incensurati dalle sua labbra. Si scontravano, mandavano scintille e saette. Nezumi non aveva mai avuto intenzione di incolpare Shion. Sapeva di non essere abbastanza forte da avere il diritto di farlo. Ma quando era con Shion, tentennava.
Il suo cuore, che voleva odiare e respingere tutto ciò che riguardava No.6, vacillava.
No.6. La città-stato più terribile del mondo intero. Non era né un’utopia né una città santa. Quei nomi non erano nient’altro che una facciata. Appena fosse riuscito a strappare via quella pelle sottile, il mostro avrebbe rivelato la sua vera forma.
Un mostro che si cibava di uomini.
Non aveva mai esitato a distruggere le città vicine e a massacrare intere tribù se ciò significava prosperità per se stessa. Saccheggiava, prosciugava, dominava.
Un giorno la distruggerò. Per Nezumi, No.6 era un nemico che doveva disintegrare con le sue stesse mani, un’esistenza che doveva essere estirpata da questo mondo.
Ma all’interno di quel mostro grottesco e ripugnante viveva un ragazzo come Shion. Shion aveva lasciato entrare un intruso, un VC—il termine che No.6 usava per i carcerati violenti—in casa sua, medicato le sue ferite, gli aveva offerto del cibo e un luogo in cui dormire e, come conseguenza, aveva perso il diritto ad una vita agiata come élite. Shion aveva perso ogni cosa, eppure aveva confessato a Nezumi…
Se avessi la possibilità di ritornare a quella notte, farei di nuovo la stessa identica cosa, ogni volta. Aprirei la finestra e aspetterei il tuo arrivo.
Erano parole oneste e concise. Gli avevano trafitto il cuore. Per un secondo, Nezumi non aveva potuto fare altro che fissare Shion senza batter ciglio. Shion non usava parole cariche di gentilezza effimera, decisamente, e Nezumi era sicuro che le persone che lo circondavano erano come lui.
La madre di Shion nutriva la speranza incrollabile che suo figlio sarebbe ritornato e pensava a lui costantemente mentre lo aspettava. A detta dei topini che Nezumi aveva inviato come messaggeri, i deliziosi muffin e il pane che cucinava erano sufficienti a gonfiare le guance già solo all’idea di mangiarli. E poi c’era quella ragazza con il suo amore ostinato e risoluto.
Quelle erano le persone che Shion aveva accanto—che facevano tutto il possibile per vivere ogni giorno pienamente. Andavano avanti senza perdere la loro dignità. Le loro parole erano oneste, non erano utilizzate per compiacere gli altri. Quelle persone vivevano all’interno di quel mostro.
Se non avesse incontrato Shion, non l’avrebbe mai nemmeno immaginato. Avrebbe continuato ad odiare e disprezzare ogni cittadino di No.6 e a desiderare la rovina della città.
Ma l’aveva incontrato.
Ne era venuto a conoscenza.
Posso continuare ad odiare, anche dopo tutto questo?
Tentennò. Perse la sua tipica compostezza. Esitò.
Nezumi si fermò e si voltò. Le mura esterne di No.6 riflettevano la luce morente del crepuscolo. Il suo bagliore rossastro gli fece pensare al fuoco. Molto, molto tempo prima, aveva visto quel colore che era inciso come un marchio nei suoi ricordi. Non era né cremisi, né bordeaux, né rosso. Era un miscuglio di quei colori—una tinta che poteva essere descritta come il caos.
Quel colore indugiò ancora sulle retine di Nezumi anche dopo essere uscito dal bosco e aver superato il mercato. Probabilmente non se lo sarebbe dimenticato per il resto della sua vita.

Stavano bruciando. Le case, gli alberi, la sua sorellina appena nata e sua madre che la teneva tra le braccia. Tutto andava a fuoco.
“Scappa!” aveva urlato sua madre, mentre bruciava. I suoi capelli morbidi, la sua pelle, la sua figura, erano un ammasso di fiamme. Suo padre aveva coperto il corpo di sua madre con il proprio, sbattendo freneticamente le mani cercando di spegnere le fiamme. Un soldato di No.6 puntò il lanciafiamme nella loro direzione.
Dell’altro fuoco esplose in avanti.
Suo padre, sua madre e sua sorella minore furono inghiottiti dalle fiamme, che divampavano alte e feroci.
Nezumi stesso era stato sopraffatto da un’ondata di calore e dolore e fu gettato al suolo.
Fa male. Brucia. Ho paura.
Brucia, brucia, brucia, brucia, brucia, brucia, brucia.
“Corri!” L’urlo di suo padre attraversò il frastuono delle fiamme. “Scappa! Anche se nessuno di noi può farlo, almeno tu—”
Poi, scoppiò il finimondo. Nezumi vide tutto. O almeno, doveva aver visto tutto. Ma non ne aveva memoria. Le uniche cose che ricordava erano il colore delle fiamme che infuriavano e il loro ruggire—il suono delle fiamme vorticanti era così, un ruggito di una bestia—e la schiena di una vecchia.
Stava venendo trasportato sulla schiena di una vecchia, mentre quest’ultima correva. Aveva la schiena ossuta e, anche a quell’età, Nezumi se ne rese conto. Ma al tempo stesso era tutt’altro che gracile. Sia la sua schiena che le gambe erano forti.
La vecchia correva, sfrecciando tra le fiamme danzanti, con il vento che le spazzava via, oltre i soldati di No.6. Corse in un groviglio di cespugli, scendendo poi per un sentiero selvaggio fino ad attraversare un corso d’acqua agitato.
Nezumi era vivo grazie a questa donna. Era sopravvissuto.
Una volta che Nezumi si riprese dalla ustioni abbastanza da riuscire a muoversi, la vecchia iniziò immediatamente i preparativi per un viaggio.
“Dobbiamo allontanarci dal demonio, ora,” aveva mormorato la donna tra sé e sé. “Ma torneremo. Torneremo a riscuotere la nostra vendetta.”
Mentre vagavano tra colline aride e rocciose e le pianure che poi sarebbero state conosciute con il nome di West Block, la donna parlava giorno e notte.
Parlava continuamente, rievocando gli ultimi instanti del Popolo della Foresta, le azioni inumane che sarebbero poi state scolpite per sempre nella memoria di pochi eletti come un incidente chiamato Massacro di Mao. I suoi monologhi si ripetevano giorno dopo giorno, anche dopo essersi stabiliti nei seminterrati nel West Block. Nezumi crebbe sepolto tra i libri, ascoltando le storie di questa vecchia. Non si sentì mai privato di alcunché. Ma la ferita sulla schiena gli faceva male come se si riaprisse sentendo i racconti della vecchia. La voce di sua madre e le grida di suo padre gli riecheggiavano in testa. Era doloroso per lui.
Corri!
Anche se nessuno di noi può farlo, almeno tu—
Ogni volta che richiamava alla memoria quelle parole, la sua ustione pulsava dolorosamente. Era come se quella cicatrice si contorcesse su se stessa. La vecchia senza aprir bocca guardava dall’alto in basso Nezumi, mentre stringeva i denti e sopportava il dolore. Il suo sguardo era freddo e privo di emozioni.
La donna oltretutto stava raggiungendo i suoi limiti mentali. Il suo odio, la disperazione e l’angoscia minacciavano di schiacciarla sotto il loro stesso peso. Si stava torturando nel ricordo, pericolosamente vicina al limite, ad un passo dal cedere alla tentazione della morte. Nezumi riusciva a percepire con l’istinto, non grazie alla logica, la tempesta di emozioni che crescevano sempre più dentro di lei.

Quella notte, stavano dormendo all’aperto su una striscia di terra desolata ai confini del West Block. Pochi giorni dopo avrebbero deciso di sistemarsi permanentemente lì. Come al solito, accesero un fuoco e dormirono lì vicino. Per qualche tempo dopo la loro fuga, l’intero corpo di Nezumi si bloccava quando vedeva il fuoco. Quel colore, quel ruggito, quelle urla gli trafiggevano il corpo e la ferita gli bruciava.
Ma nel giro di un anno, quella paura si dissipò.
Il fuoco era essenziale, sia per il calore sprigionato, sia per la cottura della carne. Se avesse continuato a temerlo, sarebbe morto di freddo. Nezumi era anche giunto ad una conclusione.
Sono gli uomini ad essere spaventosi, non il fuoco.
Avevano l’abitudine di fare dei turni per tenere vivo il fuoco, dandosi il cambio ogni poche ore di sonno.
“Puoi dormire fino all’alba, quando il cielo ad oriente inizierà a schiarirsi. Non devi sentirti in colpa. Noi vecchi non abbiamo bisogno di dormire molto.”
Fu proprio prima che Nezumi andasse a dormire. La vecchia aveva mostrato un sorriso insolito, raro, mentre aggiungeva dei rami sul fuoco. Le fiamme scoppiettarono dolcemente. Era un suono più simile allo squittio di un topo che ad un ruggito.

La volta celeste orientale era ancora nera come l’inchiostro quando Nezumi si svegliò. Si alzò bruscamente e si guardò intorno. Aveva sentito un pianto sommesso. Quel suono lo aveva svegliato.
Il fuoco era ancora acceso. Le fiamme ondeggiavano.
“Nonna…c’è qualcosa che non va?”


{Continua qui}

Shion e Tsukiyo - Official Art

1 commento:

  1. Grazie per averlo tradotto; dopo la giornata di oggi mi ci voleva!
    Vado a leggere la seconda parte!

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